Caronte della Divina Commedia e quello dell’Eneide a confronto: una figura controversa che traghetta le anime nel silenzio della morte.
Caronte è una misteriosa figura del più antico mito ellenico e custode degli inferi dai tratti demoniaci; un’espressione del volere divino, raccontata da Virgilio nell’Eneide e ripresa da Dante nella Divina Commedia. Il mito dantesco e quello virgiliano a confronto, alla scoperta di tutte le caratteristiche che hanno differenziato la descrizione del traghettatore nelle due Opere.
Chi è Caronte nella Divina Commedia
“Guai a voi anime prave. Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo” è la prima celebre frase pronunciata da Caronte nella Divina Commedia. Figura mitologica antica, reinventata da Dante, figlio dell’Erebo e della notte, compare nel III Canto dell’Inferno, quando Dante e Virgilio giungono alle porte degli inferi, esattamente dell’Antinferno, dove gli ignavi attendono di essere trasportati
“Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Caronte, infatti, è il traghettatore che trasporta le anime dei dannati attraverso l’Acheronte, il fiume che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Il nocchiero non si limita a trasportare e inveire contro le anime, ma le picchia con il remo infliggendo loro le prime sofferenze, ergendosi così a giustiziere:
“Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie
batte col remo qualunque s’adagia.”
L’aspetto fisico di Caronte
Le caratteristiche fisiche di Caronte che emergono dalla descrizione dell’universo dantesco, lo dipingono come un uomo vecchio, con capelli e barba bianca, dai tratti demoniaci. Dante, sottolinea, infatti, il particolare dei suoi occhi infuocati, che evidenziano tutta la sua rabbia e il suo odio; dall’aspetto alquanto squallido, appare smagrito ma dal portamento fiero e maestoso. Caronte guida la sua barca, solo con un remo, indossando un sudicio mantello.
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo…”
“Caron dimonio, con occhi di bragia…”
Le caratteristiche di Caronte
“Caròn dimonio”, così definisce Dante la figura del traghettatore di anime: un essere demoniaco, il primo dei sette demoni infernali collocati dal poeta a guardia dei vari cerchi. Un essere autoritario, che conserva tratti umani. La caratteristica predominante si ritrova nella sua rabbia di demone, nemico di Dio ma costretto ad obbedire a Lui, sfogando così la sua frustrazione su quelle anime che attendono di essere trasportate. Figura ampiamente drammatizzata da Dante sin dalla sua prima apparizione: essa è dominata dalla violenza delle sue minacce nei confronti delle anime a cui si propone come esecutore senza pietà della volontà divina, alla quale lui stesso è costretto contro il suo volere a sottostare. Personaggio sinistro dunque, che incute timore e oscuro come il paesaggio che lo circonda che accentua ancora di più la sua figura drammatica e dinamica; in lui compare una forte energia interiore, una volontà di dominio, un’inclinazione all’ira costituendo così una personificazione del demonio.
Il compito di Caronte
Il ruolo di Caronte nella Divina Commedia è proprio quello di trasportare le anime da una riva all’altra del fiume, al cospetto di Minosse, giudice infernale, che ha il compito di attribuire a ciascuna anima il ruolo che gli spetta all’interno dell’Inferno. L’atmosfera drammatica e carica di tensione che accompagna l’arrivo di Caronte, la si ritrova anche nel suo fare minaccioso quando si rivolge a Dante, intimandolo ad allontanarsi dalle anime dannate, in quanto vivo.
“E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti”.
Ma poi che vide ch’io non mi partiva
Virgilio con il suo fare autoritario, riesce a placare l’ira del barcaiolo, spiegandogli che il viaggio di Dante, nei regni ultraterreni è voluto da Dio. Così Caronte, costretto a piegarsi nuovamente alla volontà divina, accetta di trasportare Dante. Si ritrova quindi un Caronte non solo traghettatore di morti, ma anche di vivi. Il trasporto delle anime dannate avviene con il pagamento di un pedaggio come ricompensa per Caronte. Questo fatto riporta ad un’antica tradizione greca: secondo i Greci, infatti, ogni morto doveva essere sepolto con un obolo (una moneta greca) sotto la lingua oppure due monete sugli occhi, che sarebbero poi servite al defunto proprio per pagare il pedaggio a Caronte ed essere così traghettati sull’altra sponda del fiume. In caso contrario (cioè se non avessero avuto con sè le monete) erano condannati a vagare senza pace nel regno dei morti.
La profezia di Caronte
Nel rifiuto da parte di Caronte di trasportare Dante, emerge una involontaria profezia: Caronte dice che la barca dei dannati non è adatta al poeta, in quanto anima viva, ma che dopo la sua morte arriverà una barca che trasporta peccati più leggeri. Dante quindi è un’anima buona, si salverà e avrà un’altra destinazione rispetto a quelle anime. Dalla descrizione fatta dal nocchiero, si pensa si riferisca al Purgatorio.
“Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti”
Le frasi di Caronte
Dante descrive Caronte più attraverso le sue azioni e le caratteristiche fisiche che attraverso parole e dialogo: le frasi pronunciate da Caronte sono infatti molto poche:
“Guai a voi anime prave. Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo”
“E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti”.
“Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve legno convien che ti porti”.
Confronto tra Caronte della Divina Commedia e Caronte nell’Eneide
La figura di Caronte non è nuova alla letteratura classica; già Virgilio nel VI libro dell’ Eneide, in cui Enea visita l’oltretomba in cerca del padre Anchise morto improvvisamente, ne parla, anche se ci sono delle differenze sostanziali tra i due traghettatori descritti dal poeta fiorentino e dal suo ispiratore latino. Il Caronte dantesco, è minuziosamente descritto e assume un aspetto demoniaco; è un traghettatore di anime dannate, uomo vecchio con la barba bianca, aggressivo e minaccioso, figura dinamica, in quanto molto partecipe alla scena descritta dal poeta. La folla delle anime è descritta da Dante attraverso la metafora delle foglie che in autunno cadono lasciando l’albero spoglio: i morti sono in trepidante attesa del nocchiero, in quanto consapevoli di essere destinati all’inferno e desiderosi di conoscere quanto prima la loro pena eterna.
“Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo”
Il Caronte virgiliano, non è così minuziosamente descritto: innanzitutto è un dio, anziano ma vigoroso (“vegliardo, ma di crude e verde vecchiezza”), ha la barba bianca e incolta, gli occhi di fuoco e un lurido mantello annodato al collo che gli pende dalle spalle. Il traghettatore dell’ Eneide non trasporta tutte le anime che lo attendono, ma ne sceglie alcune, quelle che in vita hanno ricevuto una degna sepoltura e alle quali era stata lasciata accanto al corpo una monetina per il viaggio sull’ Acheronte come ricompensa per il traghettatore. Non mostra crudeltà e ferocia nei confronti dei dannati, ma si limita solo a trasportarli.
La folla è composta da uomini e donne di ogni età, anche fanciulli scomparsi prematuramente prima dei loro stessi genitori; tutti cercano di farsi spazio per essere traghettati per primi oltre il fiume. La metafora delle foglie che d’ autunno cadono dagli alberi per descrivere la folla, è virgiliana e viene ripresa fedelmente da Dante. Il Caronte rappresentato da Virgilio anche se all’ inizio è restio nel far salire Enea sulla sua barca, alla vista del ramoscello d’oro immediatamente si convince che gli Dei sono favorevoli al viaggio del troiano nel mondo destinato ai defunti e lo fa salire, scacciando le altre anime che siedono sulla sua barca. Il Caronte dantesco, accetta di trasportare Dante, perché costretto dal volere di Dio. La barca del traghettatore dell’Eneide è provvista di vele, mentre la barca di quello dantesco è provvista solo di un remo.
Confronto tra Caronte e Minosse
Fin qui è chiaro che Caronte, nella sua malvagità ha il ruolo di traghettatore, trasportando quindi le anime al cospetto di Minosse: ma chi è Minosse? Personaggio della mitologia classica, figlio di Giove ed Europa, viene collocato da Dante nel Canto V dell’Inferno quale giudice dei dannati che indica loro a quale Cerchio sono destinati. Minosse è posto all’ingresso del II Cerchio (lussuriosi) e ha caratteri bestiali: ringhia, ha una lunga coda che avvolge attorno al corpo tante volte quanti sono i Cerchi che il dannato (il quale gli confessa tutti i suoi peccati) deve discendere per ricevere la sua punizione.
Nel Canto V accoglie Dante con parole minacciose ed è zittito da Virgilio con la stessa autorità e le stesse parole usate per Caronte. Emerge quindi una differenza sostanziale tra Caronte e Minosse: entrambi servono la volontà divina, ma Caronte appare decisamente più rabbioso, esternando tutta la sua frustrazione per sentirsi piegato forzatamente al volere di Dio. I suoi modi sono rudi e violenti. Minosse, sebbene abbia tratti mostruosi conserva nelle sue parole un atteggiamento regale e solenne e scompare dalla scena senza alcun cenno comportandosi proprio come un puro servitore della volontà divina.