La Divina Commedia, l’opera che porta alla scoperta del mondo ultraterreno, nasconde in sé i segreti dell’universo.
Universo dantesco
Nel giorno dell’equinozio di primavera del 1300, inizia il viaggio che porterà Dante Alighieri a scendere fino alla parte più profonda degli inferi per risalire poi la montagna del Purgatorio; ad accompagnarlo ci sarà Virgilio, poeta e autore dell’Eneide, che in seguito lo lascerà nelle mani di Beatrice per la salita al Paradiso. Quello compiuto da Dante non è solo un viaggio purificatore ed esemplare, ma anche un viaggio attraverso un universo ridisegnato secondo le sue esigenze narrative, un universo che potrebbe aver anticipato la teoria della relatività generale di Einstein.
Universo dantesco: struttura
La struttura dell’universo dantesco ha una forma ben precisa, egli stesso ce la descrive man mano che compie il suo viaggio attraverso i regni dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Immobile, e sospesa al centro dell’universo, si trova la Terra la cui superficie circolare è divisa a metà in emisfero boreale ed emisfero australe; il primo costituisce la parte abitata ed il secondo è invece completamente occupato da acqua. Al centro dell’emisfero settentrionale, ed equidistante dal fiume Gange e dalle colonne d’Ercole (che delimitano i confini estremi della Terra) si trova la città di Gerusalemme.
Ai suoi antipodi (emisfero australe), nata a causa della terra spostata da Lucifero durante la sua caduta, si trova la montagna del Purgatorio, salendo la quale si arriva in Paradiso. La dimora dell’angelo caduto è invece ubicata sotto la città di Gerusalemme, in una cavità conica al centro della quale vi è rimasto conficcato. La Terra è, inoltre, circondata da nove sfere concentriche rotanti costituenti i cieli del Paradiso, nell’ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Cielo delle stelle fisse, Cielo cristallino o Primo Mobile. L’ultimo cielo col suo movimento, trasmette la rotazione ai cieli sottostanti. Tutti e nove sono contenuti in un’unica sfera immobile, il cielo Empireo, nella quale dimorano Dio, gli angeli ed i beati.
Universo dantesco: spiegazione
Dante Alighieri crea il suo universo usando tutto il sapere scientifico e filosofico in suo possesso. La Commedia segue una particolare simbologia numerica, è infatti suddivisa in 3 cantiche suddivise a loro volta in 33 canti più uno introduttivo; si arriva così al numero 100, multiplo di 10 e simbolo di perfezione insieme al 3 che è il numero della trinità. Seguendo il modello astronomico conosciuto nel suo tempo, Dante pone la città di Gerusalemme al centro dell’emisfero settentrionale perché essa è per l’uomo il centro della cristianità, e subito sotto si apre la voragine dell’Inferno dove dimora colui che ha osato sfidare Dio. Questo regno è suddiviso in 9 cerchi che si restringono sempre di più man mano che si scende.
Dall’Antiferno, dove si trovano gli ignavi, si attraversa l’Acheronte, il fiume sul quale veglia Caronte, colui che ha gli occhi di “bragia”. Nel primo cerchio il poeta incontra Virgilio, tra i non battezzati, che prosegue il viaggio con lui facendogli da guida. I primi sette cerchi rappresentano i sette vizi capitali, in essi ogni punizione è calibrata proprio in base al peccato commesso. L’ottavo cerchio (Malebolgie) è riservato a chi ha tradito chi non si fidava ed è suddiviso in 10 bolge. L’ultimo cerchio, il nono, è invece destinato a chi ha tradito chi si fidava; i peccatori sono immersi nelle acque gelate del lago Cocito dove al centro è conficcato Lucifero che, con le sue tre bocche, è intento a masticare le anime di Bruto, Cassio e Giuda. A gelare il lago è il vento prodotto dalle ali dell’angelo caduto.
e quindi uscimmo a riveder le stelle
Usciti dall’Inferno, i due viaggiatori si ritrovano sulla spiaggia del Purgatorio dove a d attenderli c’è Catone, il custode del regno. Posto nell’emisfero delle acque, questo regno è anch’esso suddiviso in 9 cerchi comprendenti: l’antipurgatorio, 7 cerchi (per ogni peccato capitale) ed il paradiso terrestre. Le anime che vi finiscono si sono pentite dei loro peccati e per espiarli devono percorrere la montagna fino alla sua sommità, in modo tale da meritarsi il posto in Paradiso quando verrà il giorno del giudizio; giorno in cui il Purgatorio sparirà.
Arrivato al paradiso terrestre, Virgilio dovrà lasciare Dante affidandolo alla guida di Beatrice che lo trasporterà in Paradiso. Questa regno è suddiviso in 9 cieli più uno; i prime sette cieli hanno il nome dei pianeti allora conosciuti, l’ottavo è il cielo delle stelle fisse, il nono è il Primo Mobile ed il decimo è composto dalla rosa dei beati al centro della quale si trova Dio circondato dai 9 cori angelici.
Concezione dell’universo dantesco
Nel medioevo, fino al XVI secolo, il modello astronomico di riferimento era quello tolemaico – aristotelico, sistema geocentrico che vedeva la Terra posta al centro di un universo di forma sferica, attorno al quale giravano gli altri pianeti e le stelle. All’interno di essa i quattro elementi, agivano come fattori di mutamento.
L’universo dantesco è sviluppato partendo da questa visione e da quella che Aristotele aveva di Dio come causa del movimento e dell’esistenza di tutte le altre cose. Dio sarebbe il “primo motore”, colui che è puro atto, immutabile e causa finale di ogni cosa che si muove; tutto l’universo ruota e tende verso di lui, che lo attrae come una calamita, e in lui trova una base stabile. Ma per Dante, Dio non è totalmente inattivo, è infatti grazie al suo amore che riesce a muovere il sole e le altre stelle. Nella Fisica, il filoso greco colloca il primo motore vicino alla sfera delle stelle fisse; queste ultime fanno parte del mondo celeste, costituito dai vari cieli di ogni pianeta allora conosciuto. I cieli girano intorno al cosmo, che ha forma sferica, ed ognuno segue una rotazione diversa; sono collocati uno dopo l’altro senza che vi siano spazi a dividerli. Inoltre il sommo poeta, si avvale delle 5 vie, ovvero le cinque prove dell’esistenza di Dio formulate da San Tommaso D’Aquino:
- Il moto o cambiamento: tutto ciò che si muove esige un movente primo.
- La causalità efficiente: ogni essere finito, dipende nell’essere da un altro detto causa.
- Contingenza e necessità: l’esistenza di esseri generabili e corruttibili è in sé insufficiente metafisicamente, rimanda ad esseri necessari, dapprima dipendenti da altro, quindi ad un essere assolutamente necessario.
- I gradi dell’essere: solo un grado massimo di perfezione rende possibile, in quanto causa, i gradi intermedi.
- Finalità o ordine del mondo: le azioni di realtà non intelligenti nell’universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi, non essendo in loro quest’intelligenza, ci deve essere un’intelligenza ultima che le ordina.
Universo dantesco: ipersfera
Un’ipersfera è una sfera che ha più di tre dimensioni. Detto così non è proprio semplice da capire, ma proveremo a farlo. Dante Alighieri ha disseminato la sua opera di riferimenti astrologici e cosmologici, dimostrando di avere una preparazione in merito; il poeta aveva infatti studiato le arti del trivio e quelle del quadrivio che comprendevano, tra le altre, lo studio della geometria e dell’ astronomia. Il Tesoretto di Bruno Latini, suo maestro, è l’enciclopedia dalla quale si pensa che Dante abbia assorbito indirettamente tutte le teorie cosmologiche. Il suo universo si differenzia però da quello trecentesco per l’aggiunta di due cieli, il primo mobile e l’Empireo.
Quest’ultimo viene descritto da Beatrice come la sfera maggiore che racchiude tutto ciò che sembra racchiuderlo; l’universo dantesco si comporrebbe dunque di due serie di sfere distinte, una sensibile e crescente e l’altra celeste e decrescente, i cui centri sono rispettivamente la Terra e Dio. A fare da “collante” tra le due sfere sarebbe il Primo Mobile, l’ultimo cielo prima dell’Empireo. L’universo del poeta, non solo si discosterebbe dalle teorie del suo tempo, ma anticiperebbe addirittura la teoria della relatività generale di Einstein che nel 1917 descrive l’universo come una sfera a quattro dimensioni (ipersfera), la cui superficie sarebbe uno spazio tridimensionale (tre.sfera). A sostenere questa tesi, nel 2006, è stato Horia Roman Patapievici (fisico ed umanista) che con il suo testo “Gli occhi di beatrice” invita a leggere la Divina Commedia seguendo un approccio scientifico.