Le più belle poesie di Pablo Neruda sulla vita, l’amore, il mare e le donne. Una raccolta in italiano e in lingua originale, da leggere tutta d’un fiato.
Ci sono poeti che fanno sognare con le loro parole e che rendono la poesia sempre attuale, anche a distanza di molti anni. Uno di questi è Pablo Neruda, uno tra gli autori più poetici, intensi e coinvolgenti della categoria. Il suo mondo, romantico e drammatico allo stesso tempo, è fatto di piccole cose, l’amore per tutto ciò che è anticonvenzionale, fuori dagli schemi e semplice. Lontano dalla mondanità e dalle cose materiali, era un grande appassionato della natura e della terra e tutta la sua personalità è riflessa nei suoi scritti. Ecco una raccolta di pensieri e poesie di Pablo Neruda, le più belle e disarmanti, sia in lingua originale che in italiano.
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Pablo Neruda – Poesie d’amore e di vita
Le migliori poesie di Pablo Neruda, da quelle giovanili alla maturità. Scopri tutti i temi classici della poetica dello scrittore cileno, uno dei poeti più amati e popolari del Novecento.
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LXIV Sonetto
“Per tanto amore la mia vita si tinse di viola
e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
tu sentisti un rumore di cuore infranto
e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
senz’essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
sorsi per vivere tra le tue mani,
mi sollevai dal mare alla tua gioia.
Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
nativa d’Araucania, ciò che ti devo, amata.
È senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
ciò che ti devo è come il pozzo d’una zona silvestre
dove il tempo conservò lampi erranti.
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un’arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.
Ma viene l’ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d’assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.”
Il mio cane è morto
“Il mio cane è morto.
Lo sotterrai nel giardino
insieme ad una vecchia macchina ossidata.
Lì, non più sotto,
né più sopra,
si unirà con me un giorno.
Ora ormai se ne è andato col suo pelame,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.
Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda di ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.
Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava al mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.
No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.
Ahi quante volte volli avere coda
andando unito a lui per le rive
del mare, nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, colmo
di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.
Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro, con la tirannia
della natura sfrontata.
Non c’è addio al mio cane che è morto.
E non c’è né ci fu menzogna tra di noi.
Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.”
Arte poetica
“Tra ombre e spazio, tra guarnigioni e donzelle,
dotato di cuor singolare e di sogni funesti,
precipitosamente pallido, appassito in fronte,
e con lutto di vedovo furioso per ogni giorno della mia vita,
ahi, per ogni acqua invisibile che bevo sonnolento
e per ogni suono che accolgo tremando,
ho la stessa sete assente, la stessa febbre fredda,
un udito che nasce, un’angustia indiretta,
come se arrivassero ladri o fantasmi,
e in un guscio di estensione fissa e profonda,
come un cameriere umiliato, come una campana un po’ roca,
come uno specchio vecchio, come un odor di casa sola
in cui gli ospiti entrano di notte perdutamente ebbri,
e c’è un odore di biancheria gettata al suolo, e un’assenza di fiori
– forse un altro modo ancor meno malinconico -,
ma, la verità d’improvviso, il vento che sferza il mio petto,
le notti di sostanza infinita cadute nella mia camera,
il rumore di un giorno che arde con sacrificio
sollecitano ciò che di profetico è in me, con malinconia,
e c’è un colpo di oggetti che chiamano senza risposta
e un movimento senza tregua, e un nome confuso.”
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Timidezza
“Appena seppi, solamente, che esistevo
e che avrei potuto essere, continuare,
ebbi paura di ciò, della vita,
desiderai che non mi vedessero,
che non si conoscesse la mia esistenza.
Divenni magro, pallido, assente,
non volli parlare perché non potessero
riconoscere la mia voce, non volli vedere
perché non mi vedessero,
camminando, mi strinsi contro il muro
come un’ombra che scivoli via.
Mi sarei vestito
di tegole rosse, di fumo,
per restare lì, ma invisibile,
essere presente in tutto, ma lungi,
conservare la mia identità oscura,
legata al ritmo della primavera.”
L’io uccello
“Mi chiamo Pablo, l’uccello,
l’uccello di una sola piuma,
il volatore d’ombra chiara
e di chiarezza confusa,
le ali non mi vedono,
le mie orecchie risuonano
quando passo tra gli alberi
o sotto le tombe
così come uno sfortunato ombrello
o come una spada sguainata,
teso come un arco
o rotondo come un’uva,
volo e volo senza saperlo,
girato nella notte buia,
chi viene ad aspettarmi,
chi non vuole il mio cantare,
chi mi vuole morto,
chi non sa che sono arrivato
e non verrà a battere,
a sanguinare, torcere
o baciare il mio vestito rotto
dal fischio del vento.
Così vengo e me ne vado,
volo e non volo, ma canto:
sono l’uccello furioso
della tempesta tranquilla.”
Ode all’autunno
“Modesto è l’autunno, come i taglialegna.
Costa molto togliere tutte le foglie
da tutti gli alberi di tutti i paesi.
La primavera le cucì in volo
e ora bisogna lasciarle cadere
come se fossero uccelli gialli:
Non è facile.
Serve tempo.
Bisogna correre per le strade,
parlare lingue,
svedese, portoghese,
parlare la lingua rossa,
quella verde.
Bisogna sapere
tacere in tutte le lingue
e dappertutto, sempre,
lasciare cadere,
cadere,
lasciare cadere,
cadere le foglie.
Difficile è essere autunno,
facile essere primavera.
Accendere tutto quel che è nato
per essere acceso.
Spegnere il mondo, invece,
facendolo scivolare via
come se fosse un cerchio di cose gialle,
fino a fondere odori, luce, radici,
e a far salire il vino all’uva,
coniare con pazienza l’irregolare moneta
della cima dell’albero
e spargerla dopo
per disinteressate strade deserte,
è compito di mani virili.”
Forse sono ferito senza sanguinare
“Forse sono ferito senza sanguinare
da un raggio della tua vita
e a mezza selva mi trattiene l’acqua:
la pioggia che cade col suo cielo.
Allora tocco il cuore madido:
lì so che i tuoi occhi penetrarono
la regione estesa del dolore
e un sussurro d’ombra sorge solo:
Chi è? Chi è? Ma non ebbe nome
la foglia o l’acqua oscura che palpita
a mezza selva, sorda, sul cammino,
e così, amor mio, seppi che fui ferito
e lì nessuno parlava, solo l’ombra,
la notte errante, il bacio della pioggia.”
Chiedo silenzio
“Ora, lasciatemi tranquillo
Ora, abituatevi senza di me.
Io chiuderò gli occhi.
E voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Uno è l’amore senza fine.
La seconda è vedere l’autunno.
Non posso vivere senza vedere che le foglie
volino e tornino alla terra.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La quarta cosa è l’estate
rotonda come un’anguria.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Matilde mia, bene amata,
non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Amici, questo è ciò che voglio,
È quasi nulla e quasi tutto.”
[nextpage title=”Pablo Neruda poesie d’amore”]
“Tutta la notte ho dormito con te
vicino al mare nell’isola
eri selvaggia e dolce
tra il piacere e il sonno
tra il fuoco e l’accqua
Forse assai tardi i nostri sogni
si unirono nell’alto o
nel profondo
In alto come i rami che muove
uno stesso vento
in basso come rosse radici
che si toccano
Forse il tuo sogno
si separò dal mio
e per il mare oscuro
mi cercava come prima
come quando non esistevi
quando senza scorgerti
navigai al tuo fianco
e i tuoi cercavano ciò che ora
pane, vino, amore e collera
ti do a mani piene.
Perché tu sei la coppa che
attendeva i doni della mia vita.
Ho dormito con te tutta la notte
mentre l’oscura terra gira
con vivi e con morti
e svegliandomi d’improvviso
in mezzo all’ombra
il mio braccio circondava
la tua cintura
ne la notte
ne il sonno
poterono separarci.
Ho dormito con te
e svegliandomi la tua bocca
uscita dal sonno
mi diede il sapore di terra
d’acqua marina
di alghe
del fondo della tua vita
e ricevetti il tuo bacio
bagnato dall’aurora
come se mi giungesse
dal mare che ci circonda.”
Non solo il fuoco
“Ahi, sì, ricordo,
ahi, i tuoi occhi chiusi
come pieni dentro di luce nera,
tutto il tuo corpo come una mano aperta,
come un grappolo bianco della luna,
e l’estasi,
quando un fulmine ci uccide,
quando un pugnale ci ferisce nelle radici
e una luce ci spezza la chioma,
e quando
di nuovo
torniamo alla vita,
come uscissimo dall’oceano,
come tornassimo feriti
dal naufragio
tra le pietre e l’alghe rosse.
Ahi, vita mia,
non solo il fuoco tra noi arde,
ma tutta la vita,
la semplice storia,
l’amore semplice
di una donna e d’un uomo
uguali a tutti gli altri.”
Qui ti amo.
“Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s’affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.”
Non ti amo come fossi rosa di sale
“Non ti amo come fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco,
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ombra e l’anima.
Ti amo come pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori,
e grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il denso aroma che sale dalla terra.
Ti amo senza sapere come, né quando, né da dove,
ti amo direttamente senza problemi né orgoglio,
ti amo così perché non so amare altrimenti
che in questo modo in cui non sono e non sei,
tanto vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
tanto vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio
sonno.”
Il tuo sorriso
“Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.”
Il sonetto XLV
“Non star lontana da me un solo giorno, perché,
perché, non so dirlo, è lungo il giorno,
e ti starò attendendo come nelle stazioni
quando in qualche parte si addormentano i treni.
Non andartene per un’ora perché allora
in quell’ora s’uniscono le gocce dell’insonnia
e forse tutto il fumo che va cercando casa
verrà ancora a uccidere il mio cuore perduto.
Ahi non s’infanga la tua figura nell’arena,
ahi, non volino le tue palpebre nell’assenza:
non andartene per un minuto, adorata,
perché in quel minuto sarai andata sì lungi
che attraverserò tutta la terra interrogando
se tornerai o se mi lascerai morire.”
[nextpage title=”Pablo Neruda Bacio”]
Il Bacio
“Ti manderò un bacio con il vento
e so che lo sentirai,
ti volterai senza vedermi ma io sarò li.
Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i sogni
Vorrei essere una nuvola bianca
in un cielo infinito
per seguirti ovunque e amarti ogni istante
Se sei un sogno non svegliarmi
Vorrei vivere nel tuo respiro
Mentre ti guardo muoio per te
Il tuo sogno sarà di sognare me
Ti amo perché ti vedo riflessa
in tutto quello che c’è di bello
Dimmi dove sei stanotte
ancora nei miei sogni?
Ho sentito una carezza sul viso
arrivare fino al cuore
Vorrei arrivare fino al cielo
e con i raggi del sole scriverti ti amo
Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno
tra i tuoi capelli,
per poter sentire anche da lontano
il tuo profumo!
Vorrei fare con te quello
che la primavera fa con i ciliegi.”
[nextpage title=”Poesia Pablo Neruda Ode al giorno felice”]
Ode al giorno felice
“Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto,
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché si,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.”
[nextpage title=”Poesie Pablo Neruda lingua originale”]L’io Uccello (El pájaro yo)
ME llamo pájaro Pablo,
ave de una sola pluma,
volador de sombra clara
y de claridad confusa,
las alas no se me ven,
los oídos me retumban
cuando paso entre los árboles
o debajo de las tumbas
cual un funesto paraguas
o como una espada desnuda,
estirado como un arco
o redondo como una uva,
vuelo y vuelo sin saber,
herido en la noche oscura,
quiénes me van a esperar,
quiénes no quieren mi canto,
quiénes me quieren morir,
quiénes no saben que llego
y no vendran a vencerme,
a sangrarme, a retorcerme
o a besar mi traje roto
por el silbido del viento.
Por eso vuelvo y me voy,
vuelo y no vuelo pero canto:
soy el pájaro furioso
de la tempestad tranquila.
Quiero que sepas
una cosa. (Se tu mi dimentichi)
“Tú sabes cómo es esto:
si miro
la luna de cristal, la rama roja
del lento otoño en mi ventana,
si toco
junto al fuego
la impalpable ceniza
o el arrugado cuerpo de la leña,
todo me lleva a ti,
como si todo lo que existe,
aromas, luz, metales,
fueran pequeños barcos que navegan
hacia las islas tuyas que me aguardan.
Ahora bien,
si poco a poco dejas de quererme
dejaré de quererte poco a poco.
Si de pronto
me olvidas
no me busques,
que ya te habré olvidado.
Si consideras largo y loco
el viento de banderas
que pasa por mi vida
y te decides
a dejarme a la orilla
del corazón en que tengo raíces,
piensa
que en ese día,
a esa hora
levantaré los brazos
y saldrán mis raíces
a buscar otra tierra.
Pero
si cada día,
cada hora
sientes que a mí estás destinada
con dulzura implacable.
Si cada día sube
una flor a tus labios a buscarme,
ay amor mío, ay mía,
en mí todo ese fuego se repite,
en mí nada se apaga ni se olvida,
mi amor se nutre de tu amor, amada,
y mientras vivas estará en tus brazos
sin salir de los míos.”
Me gustas cuando callas (Mi piaci quando taci)
“Me gustas cuando callas porque estás como ausente,
y me oyes desde lejos, y mi voz no te toca.
Parece que los ojos se te hubieran
volado y parece que un beso te cerrara la boca.
Como todas las cosas están llenas de mi alma
emerges de las cosas, llena del alma mía.
Mariposa de sueño, te pareces a mi
alma, y te pareces a la palabra melancolía.
Me gustas cuando callas y estás como distante.
Y estás como quejándote, mariposa en arrullo.
Y me oyes desde lejos, y mi voz no te alcanza:
Déjame que me calle con el silencio tuyo.
Déjame que te hable también con tu silencio
claro como una lámpara, simple como un anillo.
Eres como la noche, callada y constelada.
Tu silencio es de estrella, tan lejano y sencillo.
Me gustas cuando callas porque estás como ausente.
Distante y dolorosa como si hubieras muerto.
Una palabra entonces, una sonrisa bastan.
Y estoy alegre, alegre de que no sea cierto.”
[nextpage title=”Aforismi e poesie Pablo Neruda”]
Citazioni, frasi e poesie di Pablo Neruda
Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé.
Mi feci tante domande che andai a vivere sulla riva del mare e gettai in acqua le risposte per non litigare con nessuno.
Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore.
Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d’aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita.
Amare è così breve, e dimenticare così lungo.