Le iene: recensione in chiave culinaria del capolavoro del regista Quentin Tarantino.
Ingredienti:
- Harvey Keitel: Mr. White/Larry Dimmick
- Tim Roth: Mr. Orange/Freddy Newandyke
- Steve Buscemi: Mr. Pink/Mark Nussy
- Michael Madsen: Mr. Blonde/Vic “Sorriso” Vega
- Chris Penn: Eddie “il Bello” Cabot
- Lawrence Tierney: Joe Cabot
- Quentin Tarantino: Mr. Brown/Dennis Koonstock
- Edward Bunker: Mr. Blue/Roy Spafucci
- Kirk Baltz: Marvin Nash
- Randy Brooks: Holdaway
Un piatto apparentemente facile, che tuttavia nasconde un certo grado di difficoltà. Prendete una sceneggiatura originale, non buttate nulla, scaldate tutto a fuoco vivace, con il brodo insaporite la recitazione degli attori. Un piatto nato nelle strade e nelle carceri americane, un successo decretato dal passa parola che lo Chef Quentin Tarantino ha sapientemente rivisitato facendo lievitare aromi intensi e violenti, ma mai gratuitamente volgari.
In questa portata, da assaporare in modo assoluto, c’è tutto il mondo di Tarantino. Il gusto per i dialoghi barocchi, la frammentazione temporale dello sviluppo narrativo, l’esposizione della violenza alterandone i cromatismi (guardate il colore del sangue). Un imprinting espositivo che non verrà più abbandonato, ma solamente arricchito grazie ai budget più elevati che il regista avrà a disposizione a partire dalle successive produzioni.
Il film è impiattato attraverso il più classico degli espedienti narrativi: la preparazione del colpo / la formazione della squadra / la suddivisione dei compiti. Tutto gira e viene girato, attorno all’uomo. Uomo inteso come pedina di un disegno ben preciso, come ingranaggio del meccanismo. Come modulo e schema da portare in campo e da non modificare per nessun motivo. Spersonalizzati nei nomi e nell’abbigliamento, i protagonisti della rapina devono essere tutti uguali, nessuno deve conoscere il nome e la storia degli altri.
Ed è “l’anonimato/infiltrato” che Tarantino usa come leva per far decollare la storia. Se all’esterno sono tutti uguali, rivisti uno per uno, non è così. Dunque le prospettive cambiano e cambiano i rapporti, che diventano umani, generando un cortocircuito emozionale che sfocerà nel triello finale d’antologia, omaggio al cinema di Sergio Leone. Servite caldissimo su sfondo nero.