Attacco terroristico a Nizza: i fatti del 14 luglio 2016 che hanno sconvolto la Francia, durante uno dei giorni più importanti della sua storia.
Quando stamattina ho aperto gli occhi dopo i fatti del 14 luglio 2016, il primo pensiero è stato quello di buttare di getto sulla tastiera tutta la paura, lo sgomento e l’orrore che mi circola nelle vene. Poi, però, una volta al pc, i pensieri e le parole si sono bloccate nel petto: come puoi spiegare e parlare di una cosa così, senza banalizzare non solo l’accaduto ma anche i sentimenti che scatena in ognuno di noi? Devo essere sincera, forse non dovrei neanche essere qui a scriverne, perché da buona giornalista avrei dovuto prima essere informata al 100%, valutare le fonti, vedere tutti i video e le foto. Ma io, mi spiace, non ce l’ho fatta. Non ce l’ho fatta a guardare il video dell’orrore che filma il tir della morte togliere la vita a me, a te, a loro.
Si, perché quelle vittime siamo noi, gente comune intenta a vivere la vita, a sorridere agli amici, a guardare il cielo con il naso all’insù. Non ce l’ho fatta a catapultarmi in quell’inferno, a guardare negli occhi il panico della gente che scappa terrorizzata. Ci stanno uccidendo come formiche. Quel che è peggio, però, è che la morte è un gran sollievo rispetto alla tortura che hanno deciso di imporci: prima di toglierci la vita, ci strappano l’allegria, la fiducia, l’adrenalina di vivere l’unica vita che abbiamo fino in fondo. Mentre ci si diverte a cercare i pokemon perfino nelle mutande del vicino di casa, c’è gente, nel mondo reale, che si diletta nel progettare come ucciderci nei modi più creativi e crudeli. Il dislivello non potrebbe essere più palese di così. Pensiamoci.
Ve lo dico sinceramente, se sono qui a parlare di Nizza è solo perché da un po’ avevo deciso che fosse arrivato il tempo di dire la mia sui fatti che smuovono il sangue bollente e freddo insieme, che mi circola nelle vene. Nizza, in realtà, è solo uno dei tanti eventi che mi spaventano. Io non prego solo per Nizza, perché oggi andrà di moda l’hashtag, io prego per Parigi, per Istanbul, per la Libia, il Bangladesh, la Turchia, l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti, l’Egitto e per tutti quei luoghi vicini e lontani dal mio sedere comodamente seduto sulla poltrona. O forse, smetterò di pregare, perché la cosa che più mi spaventa, non è il nome di quel dio per cui tante persone vengono ammazzate come cani, quello che c’è di più orribile in tutte queste storie di morte è che la mano che le causa è umana. Quello che non riesco ad accettare è che esista gente al mondo in grado di procurare tanto dolore.
Poco fa ho letto un commento: “tutto questo è ad opera dei potenti che vogliono distrarci dai loro interessi economici”. Io vi chiedo, questo cambia qualcosa? Di chiunque sia l’anima nera che manovra i fili dei burattini della morte, rimane sempre il fatto, che sia gli artefici che i mandanti l’anima non ce l’hanno, mentre noi, che non ne riusciamo neanche più a quantificarne la profondità, scoppiamo in lacrime di fronte alla foto di una bambina morta, accanto alla sua bambola preferita. Non lo cliccate quel tasto condividi, la solidarietà condivisa sui social vale quanto un pugno di mosche. Vestiamoci a lutto, piuttosto, perché l’umanità non ha perso solo tanti dei suoi uomini, ma soprattutto tante delle sue ANIME. Questo deve preoccuparci.