La pioggia nel pineto: una delle più note liriche di D’Annunzio a celebrare l’amore e la bellezza; la ricerca della gioia e della felicità attraverso l’ascolto attento della natura e una fusione totale con essa.
La pioggia nel pineto
La pioggia nel pineto è una famosa poesia scritta dal poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio nel 1902, mentre risiedeva presso la sua abitazione di Versilia. La lirica fa parte della raccolta di poesie denominata Alcyone, che raccoglie i lavori dello scrittore risalenti agli anni che vanno dal 1902 al 1912. E’ composta da 128 versi divisi in 4 strofe. La magia della penna di D’Annunzio ha fatto in modo che questo componimento poetico, rendesse l’idea di una composizione sinfonica.
L’utilizzo accurato delle parole, la struttura frammentaria dei versi, il ripetersi di alcuni termini e alcune frasi, ha permesso di riprodurre le sonorità della natura quasi fedelmente, dallo scroscio della pioggia al verso della rana o al canto delle cicale. Sembra di toccare con mano i colori vividi della natura e ascoltare i suoi suoni. I versi sono liberi, non rispettando un preordinato numero di sillabe, e sono anche sciolti perché non seguono uno schema metrico di rime che, variamente disposte, riescono così insieme alle figure retoriche a riprodurre una serie di effetti sonori.
La pioggia nel pineto testo
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitío che dura e varia nell’aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall’umida ombra remota. Più sordo e più fioco s’allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s’ode voce del mare. Or s’ode su tutta la fronda crosciare l’argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell’aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sìche par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l’erbe, i denti negli alvèoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c’intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, o Ermione.
Parafrasi La pioggia nel pineto
Taci: (si rivolge ad Ermione che lo accompagna invitandola al silenzio per ascoltare i rumori prodotti dalla natura) sulla soglia della pineta non sento parole di uomini, ma sento parole nuove date dalle gocce di pioggia sulle foglie. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli arbusti impregnati di salsedine e bruciati dal sole, sui pini con la corteccia a scaglie e foglie aghiformi, sui mirti divini ( è una pianta sacra a Venere nella mitologia classica), sulle ginestre con i fiori raccolti in grappoli, sui ginepri pieni di bacche odorose, piove sui nostri volti divenuti dello stesso colore della natura, sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri resi nuovi da un’anima pulita dalla pioggia, sulla bella storia d’amore tra l’uomo e la donna (favola bella fa riferimento al Petrarca “Il Canzoniere” La mia favola breve) o Ermione.
Ascolti? La pioggia cade sulla vegetazione di questa pineta deserta riproducendo un suono che cambia a seconda se la vegetazione è più fitta o meno. Ascolta. Le cicale cantano e non vengono spaventate né dal cielo grigio e nemmeno dalla pioggia che cade. Il pino produce un suono, il mirto un altro suono, il ginepro un altro ancora, come se fossero strumenti musicali sotto le tante gocce di pioggia (il poeta le paragona alle dita che suonano uno strumento) E noi siamo totalmente immersi nel bosco, nello spirito della natura che lo anima, con la stessa vita degli alberi (quindi non più una vita umana ma vegetale li pervade riuscendo cosi ad assimilarsi completamente alla natura) e il tuo volto felice, estasiato bagnato di pioggia come fosse una foglia, i tuoi capelli profumano e risplendono come ginestre o creatura terrestre di nome Ermione.
Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale (l’accordo : il canto concorde delle cicale, aeree perché cantano tra i rami e il loro suono si diffonde nell’aria) piano piano si spegne sotto la pioggia che si intensifica; ma un canto si unisce, salendo da un punto lontano del bosco bagnato di pioggia. Il canto delle cicale si fa lieve, solo una nota si sente ancora, poi non si sente più, poi ritorna tremante e poi si spegne. non si sente più voce arrivare dal mare. Ora si sente lo scroscio della pioggia sulla vegetazione, il cui rumore varia, a seconda se la vegetazione è più o meno fitta. Ascolta. la cicala (la figlia dell’aria) è muta; ma la figlia del fango (riferimento allo stagno-limo) la canta, canta nell’ombra più profonda. Chissà dove, chissà dove! e piove sulle tue ciglia Ermione.
Piove sulle tue ciglia truccate e sembra quasi che tu pianga, ma di gioia; tu non sembri più di pelle bianca, ma verdeggiante e sembri uscire da una scorza di una pianta (la metamorfosi di Ermione sta a sottolineare il suo amalgamarsi con la natura) e tutta la vita che è in noi è fresca e lucente, il cuore nel petto è come una pesca incolta, gli occhi sono come sorgenti d’acqua (polle) tra l’erba, i denti sembrano mandorle acerbe. E andiamo tra i cespugli, ora mano nella mano, ora sciolti, (e la forza della natura del sottobosco, ci avvolge le caviglia e le ginocchia) chissà dov’è chissà dov’è! E piove sui nostri volti che hanno preso i colori della natura, della selva, sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri nuovi che nascono dall’anima ripulita dalla pioggia, sulla storia d’amore tra uomo e donna che ieri mi illuse e oggi ti illude, o Ermione.
La pioggia nel pineto figure retoriche
Nella lirica si può rilevare un uso sapiente e accurato delle figure retoriche: nella poesia la sua amata che qui chiama Ermione ispirandosi ad un personaggio della mitologia greca, accompagna il poeta in una passeggiata in campagna, durante la quale vengono colti improvvisamente da un temporale, che crea un’atmosfera intima e romantica, facendo loro assaporare i suoni della natura che la vita caotica aveva fatto dimenticare. Le figure retoriche che possiamo associare a questa tematica sono le seguenti:
Apostrofe: il poeta spesso si rivolge direttamente alla donna chiamandola per nome e dicendo “Taci” o “Odi”
Personificazione: Ermione non è solo una figura reale, ma anche una purezza dimenticata a cui fare ritorno
Climax: si avverte una tensione che piano piano sale e arriva all’apice (che ieri ti illuse/che oggi mi illude o Ermione). Ogni verso si chiude con il nome della donna.
Nel proseguo della poesia ci si immerge completamente nella natura, ascoltando i suoi rumori, da quello della pioggia a quello del canto delle cicale o il gracchiare della rana, e quasi toccandola con mano e si può assistere alla fusione totale della coppia con la natura. Anche qui si riscontra un largo uso di figure retoriche tra cui:
Allitterazione: “tamerici salmastre e arse” dove ritroviamo il suono della “t” e della “s”
Asindeto: una serie di parole che usate con l’allitterazione dando un’idea di anni e rivieni (” tra, si spegne, risorge…”)
Un ruolo predominante hanno le onomatopee, riproducendo con grande abilità i suoni della natura attraverso le parole (“crepitio”). Proseguendo possiamo ritrovare l’epanalessi (ripete concetti per rafforzarne l’idea “e piove sulle tue ciglia” “favola bella”..), l’utilizzo di enjambement in maniera magistrale per dare ritmo alla poesia e non meno importanti le similitudini (“è molle di pioggia come una foglia”)
Spiegazione La pioggia nel pineto: a chi è dedicata
La pioggia nel pineto è forse una delle più celebri liriche di D’Annunzio ed è dedicata alla donna amata dal poeta che nella poesia viene denominata Ermione, ma in realtà si tratta dell’attrice Eleonora Duse ,che il poeta avrebbe amato profondamente. Nasce nel 1858 a Vigevano e va in scena sin da piccola, grazie alla compagnia di girovaghi di suo padre Alessandro Duse. Le sue grandi capacità di attrice e il suo coraggio di rappresentare attraverso la drammaturgia francese la reale faccia della borghesia del tempo, sottomessa ai beni materiali, ipocrita, senza reali e veri sentimenti, le permettono di scalare in breve tempo la vetta del successo. Riesce a dare voce alla realtà, smascherando allo stesso tempo, la facciata perbenista, ma falsa della borghesia contemporanea.
Il primo incontro con D’Annunzio avvenne nel 1882, quando il giovane e attraente poeta, con già all’attivo delle pubblicazioni, la avvicinò e le chiese spudoratamente di giacere con lui. Fu ovviamente cacciato in malo modo, ma probabilmente riuscì con l’audace proposta a toccare le corde della vanità femminile dell’attrice. Lo rivedrà sei anni più tardi al termine della rappresentazione della “Signora delle camelie” a Roma. L’incontro con il poeta che segnò la vita sentimentale e quella professionale di entrambi avvenne nel 1894: nacque una relazione amorosa e artistica che contribuì ad accrescere la fama di D’Annunzio. La Duse già attrice famosa, portò in scena diversi drammi di D’Annunzio a volte finanziandone la produzione (La Gioconda, La città morta…). Il loro legame fu molto travagliato e durò all’incirca dieci anni. Nel 1900 il poeta pubblicò il romanzo “Il fuoco” dedicato alla Duse che fu oggetto di critiche più disparate. D’Annunzio soffrì molto per la loro separazione e visse gli ultimi quattordici anni di vita nel ricordo dell’attrice.
La pioggia nel pineto commento
La pioggia nel pineto vuole esprimere la magia e l’incanto che avvolgono i due innamorati. Il tema dominante di questa lirica è la metamorfosi, realizzata attraverso la ricerca della bellezza, il cercare conforto e gioia tramite la natura che sembra avere la parola e la capacità di esprimere emozioni, sino ad arrivare ad una totale identificazione e fusione con essa. Il poeta e la donna si fondono con lo spirito stesso del bosco, sino a perdere la loro anima umana e assumerne una vegetale.
Il tema della metamorfosi riporta al classicismo; la penna del poeta pero’ riesce a fare una ricostruzione in chiave moderna, facendo riferimento in realtà al naturalismo francese e al materialismo americano, animando la natura attraverso la figura retorica della prosopopea (basata sulla personificazione di oggetti inanimati). In questa rappresentazione della totale fusione tra uomo e natura, si può affermare che D’Annunzio faccia un consapevole riferimento al panismo (percezione molto profonda del mondo esterno, sino a creare una fusione tra l’umano e l’elemento naturale).
Questa definizione deriva dal greco Pan nome dell’antica divinità dei boschi, ma anche l’aggettivo greco che vuol dire tutto. Si esprime quindi il grande desiderio di ritrovare un contatto vero e reale con la natura fino a fondersi completamente con la stessa.
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