Misteri di Shining. I messaggi nascosti da Kubrick, Le stranezze, le ossessioni e tutte le verità sconosciute di uno un film cult che ha fatto la storia del cinema horror.
Misteri di Shining. Ormai tutti conosciamo e abbiamo visto almeno una volta Shining il film di Stanley Kubrick uscito nelle sale nel 1980, tratto dall’omonimo libro di Stephen King che lo definì “una macchina di lusso senza motore” deluso dal lavoro del regista, però ammettendone la grande potenza visiva. Ma cosa si nasconde realmente nel dietro le quinte di questo horror inizialmente osannato dalle critiche per poi, nel corso degli anni rivalutato dalla stampa specializzata?
Rodney Ascher, noto regista statunitense ed autore del documentario Room 237 nel quale analizza ogni singola parte del film, parla di simboli e teorie nascoste, dettagli che appaiono nelle inquadrature e velocemente scompaiono e che vengono interpretati come una confessione di Kubrick – secondo congetture complottistiche smentite e riprese in considerazione più volte – di aver girato in studio l’atterraggio sulla luna dell’Apollo 11 nel 1969 su incarico del governo americano.
Queste sono rese “credibili” dalle liti sul set di Jack Torrance con la moglie, che rappresenterebbero le giustificazioni del regista sull’obbedienza verso gli ordini presi dal governo, così come la stanza 237 sarebbe in realtà la Moon room e la moquette del pavimento dell’hotel riprenderebbe la geometria della base da cui è decollata la navicella nel ’69.
Stanley Kubrick, noto per essere un ossessivo compulsivo e maniacale della perfezione, pretese addirittura che la scena dell’omicidio di Hallorann fosse girata settanta volte, lo stesso Jack Nicholson in chiese al regista di considerare l’età del cameraman Crother (69 anni) e fermarsi a quaranta ciak, così ad un certo punto quest’ultimo, sfinito dalla compulsività di Kubrick, scoppiò a piangere chiedendo “Cosa vuoi da me, Kubrick?”. Anche altre scene di Shining sono state girate con la stessa ossessività come, ad esempio, quella in cui Wendy sale le scale brandendo la mazza da baseball (35-45 volte) e quando Hallorann racconta a Danny il mistero della “luccicanza” , ripetuta ben 148 volte.
Il regista, di fama, sembri non guardare in faccia a nessuno quando si tratta di lavorare sul set, pretendendo la perfezione anche per i dettagli apparentemente insignificanti. Strano, quindi, il fatto che con il giovanissimo Danny Lloyd, il figlio di Torrance, sia stato, invece, un uomo protettivo, pieno di scrupoli e completo di una comprensione paterna paradossale rispetto al suo modo di fare cinema.
Lo convinse, infatti, a recitare in un film drammatico e non nell’horror che ben presto scalò le classifiche del genere rimanendo secondo solo all’Esorcista di Friedkin, e sostituì il piccolo attore con un manichino a grandezza naturale nella scena in cui Wendy porta via Danny mentre urla contro Jack nella Colorado lounge. Il bambino venne a conoscenza della verità all’età di diciassette anni, solo undici anni dopo avervi recitato, quando gli venne mostrata la versione originale del film.
Ed ora, consapevoli e messi alla luce delle curiosità svelate e dei misteri infittiti, prendiamoci un po’ di tempo per rivedere Shining e comparare i due finali alternativi con i quali Kubrick fece uscire il film nelle sale scegliendone uno per i primi tempi, ma successivamente cambiandolo e preferendo l’altro. Perché “ Solo lavoro e niente divertimento rendono Jack un ragazzo noioso”.