La ragazza del treno: abbiamo visto in anteprima il film tratto dal bestseller di Paula Hawkins, un thriller psicologico che trasporta nel mondo del voyerismo femminile alterato dall’alcool e dalla depressione. Ma non solo. Ecco la nostra recensione del film.
Se avete letto il libro della scrittrice Paula Hawkins sarete sicuramente curiosi di vedere il film: La ragazza del treno, infatti, vanta una trama che tiene incollati alla storia e il successo del libro, vero e proprio caso editoriale del 2015, spiana di certo la strada ad una pellicola già famosa sulla carta, ancor prima di arrivare nelle sale. Si tratta di un thriller psicologico, tutto al femminile, che racconta i diversi drammi che la sensibilità delle donne deve affrontare tutti i giorni: le difficoltà di procreare, gli amori infedeli, quelli da favola e la sottomissione all’universo maschile.
Il film racconta la storia di Rachel (Emily Blunt) che incapace di accettare il fatto di non riuscire ad avere figli cade in una depressione feroce, aumentata dalla fine del suo matrimonio per il tradimento dell’ex marito Tom, ormai di nuovo sposato e felicemente padre di una bambina. Tutti i giorni Rachel sale su un treno che passa proprio di fronte alla sua vecchia casa dove vive Tom e la sua nuova moglie e a quella dei suoi vecchi vicini di casa, una coppia apparentemente innamoratissima che da sempre rappresenta per Rachel il sogno di una storia d’amore perfetta.
L’alcool, la depressione e l’inutilità della sua vita trasformano la curiosità della protagonista verso le due coppie felici in una vera e propria ossessione, che porterà conseguenze terribili ed inaspettate. Tutto accade quando in uno dei suoi soliti viaggi in treno, Rachel vede dalla finestra della casa dei suoi ex vicini, una scena che non riuscirà a dimenticare, capace di alimentare la sua grave depressione in un mostro nero armato di falce e ferocia. Tutto quello che accade dopo è un turbinio di eventi, ricordi, azioni inconsce che getta la protagonista proprio al centro di un tifone difficile da domare.
Nonostante la bravura di Emily Blunt, il film pecca di intensità in alcuni di quei punti che nel libro sono cruciali. L’eleganza della versione del regista Tate Taylor cancella l’estrema crudezza di alcune scene cardine del romanzo rendendole meno appetibili per chi già conosce la storia attraverso le pagine del libro. Quelli che, però, rappresentano lati negativi per il lettore, sono qualità piacevoli per lo spettatore, che grazie alla fotografia della giovane danese Charlotte Bruus Christensen, viene trasportato in una New York cupa e vibrante, scenario perfetto per un thriller psicologico che fa di luci e ombre gli elementi chiave per dare drammaticità alla storia. L’alcolismo, i ricami mentali delle donne provate dalla vita, il sottile e cullante voyerismo e la vita a metà tra l’immaginario e la realtà della protagonista, si infilano nella pelle di chi guarda angosciandolo, ma senza esagerare. Nelle sale italiane il 3 novembre 2016.
Copyright foto: 01distribution