Il buio oltre la siepe: la nostra video recensione di un grande classico della letteratura, intramontabile e sempre attuale. Da leggere.
“Il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede.”
Nell’America del 1963, ancora contraddistinta da forti discriminazioni e segnata dalle lotto contro la segregazione razziale, uscì Il buio oltre la siepe, scritto da Harper Lee su consiglio del suo amico scrittore Truman Capote. L’autrice era, infatti, solita raccontare all’amico molti ricordi della sua infanzia e fra questi, la storia dell’ingiustizia subita da Tom Robinson, un uomo di colore accusato ingiustamente di aver violentato una donna del luogo e comunque condannato, lo colpì particolarmente.
Così la Lee decise di metter per iscritto quella storia utilizzando il suo punto di vista di bambina ai tempi degli avvenimenti, in una soluzione e con un risultato che si dimostrarono vincenti. Infatti questo romanzo rimane attuale anche più di sessant’anni dopo (lo stesso presidente degli stati Uniti Barack Obama lo ha consigliato come lettura a tutto il paese) e proprio pochi mesi fa ne è uscito il seguito ritrovato “Va, metti una sentinella”.
Non abbiamo avuto modo di leggere il seguito, ma abbiamo riletto questo classico senza tempo e non possiamo fare a meno anche noi di consigliarlo a tutti. Dopo un’introduzione in cui entriamo nell’ottica della vita a Maycomb (la cittadina dove si svolgono i fatti, spaccato ed emblema di tutta la situazione di un paese) e aver cominciato a comprendere, tramite una sapiente caratterizzazione dei personaggi, quella che è la mentalità dell’epoca, la storia ci porta al fatto centrale: il processo per stupro ad un nero delle vicine campagne.
Il padre di Scout, ovvero Harper Lee bambina, accetta l’incarico di difenderlo pur sapendo di essere probabilmente destinato alla sconfitta. Così è infatti, ma grazie alla sua abilità di difensore riesce a mettere in evidenza l’ingiustizia a cui si sta andando incontro. E per la prima volta, in un giudizio in cui è coinvolto un nero, la decisione richiede alla giuria diverse ore. Questo piccolo avvenimento, rappresenta in realtà il primo grande passo in avanti che la società sta compiendo, cominciando a capire che il giusto e sbagliato non seguono il colore della pelle.
La storia ci racconta tutte le premesse e le conseguenze di questo processo, riuscendo a non risultare mai pesante grazie alla lente innocente dello sguardo di una bambina di nove anni attraverso cui gli avvenimenti vengono filtrati, rendendola comprensibili e digeribili per tutti. Una lettura che non potrà che far bene alle coscienze spesso assopite di un’era moderna che va sempre di corsa, facendo dimenticare quanto certe stupide discriminazioni non siano poi così lontane e come l’odio sia sempre dietro l’angolo. Non abbassare la testa di fronte alle ingiustizie che vediamo è il passo necessario che tutti noi dobbiamo compiere, per far sì che certi orrori non ritornino e avere certi libri a ricordarcelo è un bene che non andrebbe sciupato.
“Noi sappiamo che non tutti gli uomini furono creati eguali, nel senso che molta gente vorrebbe farci credere: sappiamo che vi sono persone più intelligenti di altre, più capaci di altre per natura, uomini che riescono a guadagnare più denaro, donne che fanno dolci migliori, individui dotati di qualità negate invece alla maggioranza degli uomini. Ma c’è una cosa, nel nostro paese, di fronte alla quale tutti gli uomini furono davvero creati uguali: un’istituzione umana che fa di un povero l’eguale di Rockefeller, di uno stupido l’eguale di Einstein, e di un’ignorante l’eguale di un rettore di università. Questa istituzione, signori, è il tribunale.”