Film On The Road: si è tenuta a Roma, presso il cinema Detour, la proiezione dell’opera prima di Simone Manetti, Goodbye Darling, i’m off to fight, documentario che ruota intorno alle vicende personali dell’attrice e modella Chantal Ughi, ora campionessa plurititolata di Muay Thai, e che ha aperto l’edizione 2016 dell’On the Road Film Festival.
Il Festival
Giunto alla sua quarta edizione, l’On the Road Film Festival vuole confermarsi come una piccola ma importante realtà per dare spazio e visibilità alle produzioni cinematografiche indipendenti e che fa del proprio punto di forza la qualità e l’importanza degli argomenti trattati. A partire dal documentario che ha aperto ieri la manifestazione, un viaggio fra le vicissitudini della protagonista e il mondo della Muay Thai in una Thailandia affascinante e contraddittoria, i lavori che animeranno le giornate del festival spaziano in lungo e in largo per geografia e per tematiche.
C’è il racconto di un ex-fabbricatore di mine anti-uomo nel contesto di una Bosnia-Erzegovina che ancora paga il conto di una guerra senza regole; un viaggio sonoro nel Mali fra Blues e Jazz; le condizioni dei migranti nelle megalopoli cinesi attraverso gli occhi di un cane randagio; le vite di cinque musicisti intrecciate nell’odierna Istanbul; la lotta per la sopravvivenza sul delta del Niger, e altro ancora. Insomma tanta vita e tante storie di frontiera fra “immagini erranti, spaesamenti e derive psicogeografiche” come recita il sottotitolo del Festival.
Goodbye Darling, i’m off to fight
Il documentario di Simone Manetti è sicuramente un lavoro di ottima fattura tecnica e grande qualità di intenti . Un montaggio perfettamente riuscito rende scorrevole e perfettamente fruibile la visione, in un’alternarsi di materiale di repertorio e girato, raccolto in circa trentacinque giorni al seguito di Chantal Ughi nella sua preparazione al ritorno sul ring. Non tanto sulla Muay Thai ma sul suo essere strumento per l’emancipazione della protagonista ruota tutta la storia. Chantal è infatti un’attrice e modella che dopo alcuni film di discreto successo in Italia, decide di trasferirsi a New York per proseguire i suoi studi di recitazione.
Dopo anni di sperimentazioni e tentativi in diverse direzioni, in piena lotta interiore per guarire da una tormentata storia d’amore che la lascia piena di cicatrici, entra in una palestra di New York dove fa il suo primo incontro con l’arte di combattimento che le cambierà la vita. Chantal trova il perfetto sfogo per tutta la rabbia e le delusioni accumulate in questi anni e parte per la Thailandia. Dovrebbe restarci un mese, alla fine diventano cinque anni intensi, in cui entra in contatto col la cultura e la storia di un paese di cui fa la sua nuova casa e nel mentre accresce sempre più la sua tecnica di combattimento fino a divenire più volte campionessa mondiale ed europea.
Quando a seguito di un infortunio deve tornare in Italia, viene avvicinata da Simone Manetti che le propone di fare della sua storia e del suo prossimo ritorno sul ring un documentario. I due ripartono insieme e il regista la segue durante tutta la sua preparazione, concentrandosi soprattutto sulla sua storia personale. Ne viene fuori un ritratto sincero e diretto di Chantal e un bel viaggio fra le palestre e i luoghi di una poliedrica Thailandia, in un racconto mai celebrativo, non vengono enfatizzate le grandi vittorie, ma costruttivo, poiché mostra tutti i sacrifici fatti per arrivarci.
Chantal Ughi
Dopo essere stata sin da giovanissima sotto i riflettori e a disposizione delle telecamere, questa volta sono le telecamere ad essere a sua disposizione, talvolta sembrando anche quasi invadenti. Nel corso del documentario ci sono dei momenti in cui quasi ci si sente di troppo di fronte a immagini che raccontano con onestà momenti delicati che la protagonista vive senza filtri. Non vi è segno di recitazione ma solo di pura e semplice narrazione di vita. La stessa Chantal ammette con il sorriso
talvolta è stato difficile essere continuamente ripresa durante i miei allenamenti, dovevo concentrarmi e sentirmi ripresa rischiava di essere una distrazione. Talvolta mi chiudevo in camera e li lasciavo fuori per avere del tempo per stare da sola.
Sicuramente, però, era importante per lei raccontare la propria storia per dimostrare come le arti marziali possano essere un ottimo rimedio contro i propri problemi “ e possono davvero cambiare una persona. Prima ero introversa e insicura ora ho molta più consapevolezza di me”. Proprio nel documentario ci viene mostrato il momento della svolta quando nel 2008 vince il suo primo incontro semplicemente “lasciandomi andare e credendo in me stessa. Da lì ho capito che potevo farcela”.
Il documentario ci racconta anche i suoi aspetti più fragili, da storie d’amore difficili con uomini problematici, a traumi dell’infanzia in un rapporto complicato con i propri genitori. Tutto questo Chantal lo fa mettendosi a nudo, senza paura di essere giudicata, ma con quella che sembra solo la voglia di far uscire fuori d sé i demoni interiori che l’hanno tormentata e combatterli direttamente sul ring.
Simone Manetti
Dopo aver collaborato in veste di editor e montatore con registi come Virzì e De Angelis, per il suo primo lungometraggio Simone Manetti si cimenta con un documentario il cui risultato è davvero apprezzabile (l’opera ha tra riscosso successo e consenso anche al Biografilm Festival di Bologna). Le sue doti di montatore gli consentono di creare un prodotto cinematograficamente riuscito e che dovrebbe finalmente uscire nelle sale per marzo 2017.
In alcune fasi il montaggio acquisisce un’enfasi filmica, specie quando alterna le immagini di Chantal mentre combatte a quelle mentre recita o posa su qualche set fotografico. Il passaggio a una nuova vita e la lotta fra quel che si è e quel che si era risultano direttamente raccontati. Ad esaltare il lavoro contribuiscono anche il riuscito collage con le immagini di repertorio consegnatogli direttamente dalla protagonista e la scelta dei dettagli su cui concentrarsi. A volte ci sono riprese che sembrano non mostrare nulla ma in realtà sono il principale veicolo per trasportarci nei luoghi e negli stati d’animo che la protagonista vive.
Un’immagine in particolare colpisce e si rivela emblematica: una casa si specchia perfettamente nelle acque di un placido fiume, una barca sfreccia velocemente di fronte all’inquadratura e quel che rimane dietro è l’immagine distorta della casa che non riesce più a tornare la stessa. Un po’ come l’immagine di Chantal, che attraversata da rapidi cambiamenti ha dovuto fare i conti con una vita che non la rispecchiava più e costruirsi una nuova immagine. Quella di una lottatrice che vince e trasforma se stessa senza più tornare indietro.
Trailer Goodbye Darling, i’m off to fight
Copyright foto e video: Goodbye Darling, I’m off to fight