Teorizzate da Albert Einstein nel 1915, le onde gravitazionali si sono trasformate da supposizioni a realtà. In un arco di tempo lungo 100 anni gli studiosi sono riusciti a rendere concreta la teoria della relatività generale del fisico tedesco.
Le onde gravitazionali, un fenomeno teorizzato da Albert Einstein nella sua teoria della relatività generale, sono in grado di alterare il tessuto dello spazio-tempo e potrebbero essere alla base dello sviluppo del nostro universo. Scoprite insieme a noi quali sono le loro caratteristiche, da quali eventi cosmici sono generate e come possono essere rilevate.
Onde gravitazionali
Per poter parlare di onde gravitazionali occorre inevitabilmente partire da Albert Einstein al quale fu assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1921, per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico. Sei anni prima però, il celebre fisico presentò all’Accademia prussiana delle scienze il frutto di un intenso lavoro durato dieci anni, ovvero: un’equazione di campo che legava tra loro geometria dello spazio-tempo, velocità della luce e forza gravitazionale. Il 20 marzo del 1916 la rivista Annalen der Physik pubblicò un articolo intitolato “Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie” in cui Einstein rendeva noti tutti i dettagli della sua scoperta; la base della teoria della relatività generale era ormai di pubblico dominio.
Dopo aver risolto le contraddizioni tra la sua iniziale teoria ristretta e la teoria della gravitazione universale di Newton, Einstein rivoluzionò completamente il concetto di gravità grazie alla sua equazione di campo. Quest’ultima è il perno sul quale si regge tutta la teoria, secondo l’equazione la forza gravitazionale sarebbe infatti la manifestazione della curvatura dello spazio-tempo, una specie di tessuto a quattro dimensioni (lunghezza, larghezza, profondità e tempo) in cui si trova il nostro Universo.
Composta da un sistema di dieci equazioni differenziali parziali, l’equazione di campo di Albert Einstein è stata risolta per la prima volta nel 1916 dall’astrofisico Karl Schwarzschild che individuò una soluzione particolare, valida solo in determinate condizioni (per corpi dotati di massa, non rotanti, e privi di carica elettrica). Questa soluzione è indubbiamente una delle più importanti e notevoli, tanto che è stata utilizzata come modello per la descrizione dei buchi neri. Le onde gravitazionali si sviluppano per diverse cause ed una di queste è proprio lo scontro tra due buchi neri, la collisione crea infatti delle pieghe nel tessuto dello spazio-tempo.
Onde gravitazionali: cosa sono
Ma cosa sono le onde gravitazionali? Le onde gravitazionali sono delle deformazioni della curvatura dello spazio tempo che si propagano proprio come un’onda. Le sorgenti dalle quali è probabile che esse si sviluppino sono: i sistemi binari di stelle (pulsar), le esplosioni di supernove, buchi neri in vibrazione (o in collisione) e galassie in formazione. Ne produce anche il Sole, ed è infatti nella deformazione dello spazio intorno ad esso che si inseriscono le orbite dei pianeti. Il passaggio di un’onda gravitazionale causa la contrazione e l’espansione ritmica della distanza spaziotemporale fra due punti nello spazio tridimensionale, un effetto molto difficile da rilevare perché anche gli strumenti di misura della distanza subiscono la medesima deformazione.
Esiste però un unico metro di misura che non subisce dilatazioni, è l’interferometro e si basa sulla velocità della luce. Questo strumento è formato da due lunghi tunnel disposti a 90° e tra di loro è posizionato uno specchio sul quale viene sparato un laser di luce che a sua volta viene riflesso dallo specchio dividendosi nei due tunnel. La luce rimbalza più volte per tornare nel punto di partenza. Il laser di luce torna contemporaneamente dai due tunnel nel punto di partenza nel caso in cui non ci sia nessuna onda gravitazionale; se invece il laser di luce è sfalsato significa che un’onda gravitazionale ha attraversato la luce ed è stata captata dallo strumento.
Le onde gravitazionali: a cosa servono
L’equazione di campo, scoperta da Albert Einstein il 25 Novembre 1915, diede il via ad una nuova era della ricerca scientifica; la rilevazione delle onde gravitazionali poteva infatti portare nuove e preziose informazioni che avrebbero permesso agli studiosi di salire un gradino in più nella scala che porta alla conoscenza del funzionamento dell’universo. Le onde possono permettere di avere una visione dei movimenti interni ai copri celesti ed inoltre sono fondamentali per studiare i buchi neri; proprio grazie a questi ultimi si ha l’effetto massimo delle onde gravitazionali.
Il loro campo gravitazionale è fortissimo ed è perciò in grado di piegare enormemente le linee spazio-temporali, le onde seguono imperterrite le linee sia quando due buchi sono vicini e stanno per scontarsi e sia quando si fondono formando un buco solo. Grazie al monitoraggio delle onde gravitazionali si può capire il funzionamento dei buchi neri. Sapere come funziona l’universo è davvero importante e sicuramente lo è altrettanto scoprire come si è formato. Secondo il modello attualmente condiviso l’universo in cui ci troviamo era molto piccolo, denso e ad altissima temperatura, solo successivamente subì un’espansione rapidissima chiamata inflazione.
L’universo passò quindi da dimensioni miliardi di volte più piccole di quelle di un protone a quelle di un pallone da calcio; per essere più precisi, in 10 alla -35 secondi l’universo si dilatò di un fattore 10 alla 30. Le onde gravitazionali sono quindi il punto di partenza per lo studio del Big Bang, evento dal quale scaturirono delle onde gravitazionali che potrebbero essere ancora rilevate potenziando però gli strumenti dei quali sono dotati gli studiosi.
Scoperta onde gravitazionali
La teoria della relatività generale di Einstein non rimase a lungo solo un ipotesi, a confermare la validità del lavoro del fisico tedesco ci pensò l’astrofisico Arthur Eddington che il 29 maggio 1919 effettuò delle misurazioni in occasione di una eclissi solare a Sobral, in Brasile. Eddington riuscì ad osservare alcune stelle molto vicine al bordo del Sole, che in realtà non sarebbero dovute essere visibili per un osservatore terrestre perché dovevano trovarsi dietro al Sole. Avvistarle è stato possibile perché la luce delle stelle era stata deviata dalla curvatura dello spazio-tempo prodottasi a causa della massa del Sole, proprio come era stato teorizzato da Einstein.
Dopo questo primo episodio, la più importante conferma sperimentale di un’ipotesi teorica è stata quando nel 2015 sono state rilevate onde gravitazionali grazie all’interferometro del LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), un doppio osservatorio costruito negli Stati Uniti con una sede ad Hanford Site (Washington) ed una a Livingston (Louisiana). L’interferometro ha rilevato le onde alle ore 10:50:45 (ora italiana) del 14 settembre 2015, queste ultime sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri. La massa dei due corpi celesti era equivalente a circa 29 e 36 masse solari che dopo la fusione ha dato vita ad un unico buco nero ruotante di circa 62 masse solari.
Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali. I due buchi neri si sono scontrati ad una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce. Una misurazione recente è quella avvenuta il 4 gennaio 2017, quando i due interferometri statunitensi di LIGO hanno rilevato delle onde gravitazionali prodotte dalla fusione di due buchi neri distanti da noi circa tre miliardi di anni luce. I nuovi dati sono serviti a confermare la presenza nell’universo di buchi neri aventi una massa maggiore di 20 masse solari, dei quali non si conosceva l’esistenza prima dei rilevamenti di LIGO e sono stati fondamentali nello studio della dinamica dei sistemi di buchi neri binari che vanno incontro a una fusione.
La scienza, però, non si accontenta di questi risultati che, se pur importanti, rappresentano solo l’inizio di un processo che vede come passo successivo il completamento del commissioning di VIRGO. In questo modo sarà possibile effettuare osservazioni congiunte, con una sensibilità maggiore. Gli scienziati hanno in programma di implementare gli aggiornamenti tecnici di LIGO grazie ai quali sperano di poter osservare il segnale emesso dalla violenta collisione di due stelle di neutroni, le osservazioni fono ad ora rilevate hanno infatti visto coinvolti soltanto gli scontri tra buchi neri.
Einstein e le onde gravitazionali
Diverse teorie sono state formulate a partire dagli inizi del Novecento per determinare la meccanica delle distorsioni che avvengono nello spazio-tempo. La prima teoria della gravitazione si deve a Gunnar Nordström un fisico teorico finlandese che ha proposto due distinte teorie; la prima nel 1912 e la seconda nel 1913. La prima teoria venne rapidamente abbandonata ma la seconda è importante perché costituisce il primo esempio conosciuto di una teoria metrica della gravitazione; in essa gli effetti della gravitazione sono interamente trattati in termini di geometria di uno spaziotempo curvo. Purtroppo nessuna delle due teorie di Nordström è in accordo con le osservazioni e con i risultati sperimentali, ma i suoi studi sono importanti perché hanno contribuito alla formazione della più precisa teoria della gravitazione di Einstein.
La teoria del fisico finlandese è di tipo scalare mentre quella di Albert Einstein è di tipo tensoriale; essa prevede infatti onde a carattere quadrupolare e richiede, per descrivere il campo gravitazionale in un punto dello spazio, un insieme di dieci valori, i potenziali gravitazionali. L’esistenza delle onde gravitazionali viene concepita da Einstein nella sua teoria della relatività generale. L’interazione gravitazionale sarebbe quindi, secondo il fisico tedesco, una conseguenza della curva spazio temporale creata dalla presenza di corpi dotati di massa o energia (una piccola massa a grande velocità o una grande massa in quiete hanno lo stesso effetto di deformazione sulla curvatura dello spazio-tempo circostante).
La presenza di queste masse deforma lo spazio in un modo simile ad un tappeto elastico, lo spazio è piatto in assenza di materia ma s’incurva in sua presenza, proprio come il tappeto si deforma se vi poggiamo sopra un oggetto. Il campo gravitazionale che ne deriva è un campo di tipo tensoriale, rappresentato matematicamente da un tensore metrico legato alla curvatura dello spazio-tempo attraverso il tensore di Riemann. Esistono inoltre altre teorie che suggeriscono modifiche alla teoria di Einstein, con una mescolanza di forze scalari e tensoriali.
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