Elisa Barone: a tu per tu con la scrittrice dell’ispirazione e della poesia del sentimento. Un carattere forte dalle tante sfaccettature, un’autrice che si ritrova e si riconosce nei suoi scritti pur non rappresentandosi mai. La poetessa, la scrittrice, l’avvocato, la donna, la mamma: ecco chi è Elisa Barone.

Elisa Barone

La nostra intervista a Elisa Barone © Cheeky Magazine

È intima e confortevole l’atmosfera dello studio in cui ci accoglie Elisa Barone, nel suo elegante tailleur scuro, che le conferisce quasi una immagine austera, addolcita da un sorriso benevolo e uno sguardo vivace. Un piccolo angolo delizioso nel pittoresco centro della città di Como il posto di lavoro di Elisa avvocato, dove avremo modo di conoscere la donna, la professionista, la scrittrice.

A Salerno fa pratica forense, ma solo per acquisire le certificazioni necessarie per il concorso di Procuratore Legale che le avrebbe permesso di accedere all’abilitazione per diventare avvocato. A metà degli anni ‘70 sostiene gli esami per diventare Procuratore e subito dopo si trasferisce a Como con il marito – ispettore di dogana – che nel frattempo aveva sposato in Campania. Diventata mamma da poco, decide di non svolgere nell’immediato l’attività forense, ma di scegliere una professione che conciliasse maggiormente con le esigenze del suo ruolo di genitore. Diventa infatti insegnante di diritto ed economia, una cattedra che tiene per circa sei anni. Agli inizi degli anni ’90 essendo già in possesso delle certificazioni, inizia a svolgere la professione di avvocato. Durante l’avvocatura ha ricoperto per due volte il ruolo di magistrato onorario ed è stata sia vice pretore che giudice tutelare onorario a Monza.

Elisa Barone nasce a Salerno, si laurea in giurisprudenza a Napoli nel 1970. Curioso il motivo per cui Elisa ha scelto gli studi giuridici.

“Perché ho scelto giurisprudenza? Sembra un motivo quasi assurdo ma quando ero piccola mi dicevano che avrei dovuto fare l’avvocato non so perché. Si certo avevo il bisnonno avvocato, era il nonno di mia madre, ma credo che me lo dicessero per tutt’altro motivo. Forse perché intervenivo sempre a difesa di qualcuno o per perorare qualche causa. Me lo dicevano sia i compagni di scuola che in famiglia. Quando ho preso la maturità non ho avuto dubbi e mi sono iscritta a giurisprudenza.”

Si occupa prevalentemente di diritto di famiglia?

“No non mi occupo prevalentemente di diritto di famiglia. Ho avuto dei casi di diritto di famiglia abbastanza interessanti, però mi sono occupata di un po’ di tutto, più civile che penale. Le dirò che il mio primo caso, agli inizi degli anni ’90 fu proprio di diritto di famiglia e riguardava un bimbo di colore affidato ad una coppia di fratello e sorella farmacisti, molto interessante. Proprio in quel periodo era stata approvata la Convenzione internazionale in materia dei diritti dei fanciulli e cominciò proprio allora ad affermarsi l’interesse prioritario nei confronti del minore e  tutto quello che abbiamo fatto permise di ricucire i rapporti, che per varie vicissitudini si erano deteriorati, tra gli affidatari e la mamma del bimbo.”

Elisa Barone non è solo avvocato, ma anche una affermata scrittrice. Ha ricevuto negli anni, tanti premi e riconoscimenti a tal riguardo. Quando si parla delle sue opere il volto di Elisa si illumina e si intravede nei suoi occhi una luce particolare accompagnata da una forte emozione. Elisa scrive da sempre e con molto sentimento rievoca insieme a noi dei ricordi:

“Quando ero piccolina io parlavo in rima, il che è già di sé difficile: ho vinto tanti premi, ma sempre da quando ho iniziato a pubblicare. Scrivevo poesie da piccolina, ma non le raccoglievo, le lasciavo sparse, sempre finite chissà dove. Ne ho salvata solo una delle poesie che scrivevo da ragazzina perché la sapevo a memoria. Circa diciassette-diciotto  anni fa, vivevamo a Grandate e avevamo una domestica molto energica e brava e io scrivevo le mie poesie sulle mattonelle della cucina e le scrivevo con un pennarello indelebile. Un giorno torno e vedo che le mattonelle sono completamente pulite. La domestica aveva pensato di pulirle per bene e le mie poesie erano sparite tutte. Non erano tante, circa una quindicina, le ho comunque recuperate con la memoria: questo però mi indusse a non scrivere più sulle mattonelle  ma a tenere un quadernetto dove le raccoglievo. Nei primi anni del 2000 una mia amica mandò a mia insaputa una mia poesia ad un concorso letterario indetto dalla Federazione delle donne e grazie a questo ho ricevuto il mio primo premio.”

Tra le tante poesie scritte parliamo di una che ci ha particolarmente colpito “Grazie di tutto”?

“I maligni dicono che “Grazie di tutto” fosse dedicata a mio marito; è una poesia tremenda, ma per tutto c’è un motivo. Io ricordo perfettamente la sera in cui la scrissi, circa 15 anni fa. Un componimento scritto in alternativa ad una litigata. Mio marito che non legge mai nulla della mia attività letteraria, pur aiutandomi con il computer, quella volta ha letto la poesia. Il suo commento è stato – bella quella poesia !- ma l’avevo scritta per mio fratello non per lui.” 

Continua:

“È una poesia molto forte. Io non se è un mio modo di essere, di pensare o è una mia caratteristica, ma dico molto sinceramente che uso spesso la parola per colpire. La uso negli scritti letterari, negli atti giudiziari,: io credo molto nella forza delle parole.Quando ero piccola e andavo a scuola – quando le maestre erano ancora maestre e a scuola si imparavano tante cose -la mia maestra diceva che “Le mie prigioni” di Silvio Pellico costarono all’Austria più di una battaglia perduta. Per cui io credo tanto nella forza della parola.”

“Chi scrive versi ha un’abilità, un dono. A volte mi sento dire brava, ma ad essere bravo è il cantante, il musicista, lo scultore, perché dietro il loro lavoro c’è fatica, impegno, preparazione: ma uno che scrive in due minuti anche su un pacchetto di sigarette non è bravo, ha un dono. Io scrivo su qualsiasi cosa al momento, perché se non scrivo subito dopo non so più riportare quello che avevo pensato. Non ho momenti particolari di ispirazione, anche un motivo banale o una parola possono darmi l’idea. Ma devo scrivere subito, altrimenti poi mi sfugge.”

Ci racconta qualcosa di particolare su di lei?

“Io ho letto talmente pochi romanzi nella mia vita perché non amo leggere. Leggo per lavoro, il giornale, i saggi, ma non amo leggere, io i romanzi non li amo. Leggo raramente e sono molto selettiva non mi piace quasi nulla.”

Le è mai capitato di rappresentare se stessa nelle poesie?

“Un pò intimiste le mie poesie sono, non necessariamente biografiche e anche se affronto tematiche sociali, relativamente agli sbarchi, agli immigrati, alla religione, cerco di trasmettere sempre il mio modo di percepire nello specifico quella tematica. Non è la poesia ad affrontare l’argomento, ma la poesia esprime il mio pensiero relativamente a quel tema sociale” 

Lei non è solo poetessa, ma anche scrittrice di prosa…

“È uscito nel 2006 il mio primo romanzo, che adesso è stato nuovamente pubblicato da Laterza. Lo avevo pubblicato con Il Filo e si intitola “Il romanzo che non c’è”. Tengo molto a questo libro, in quanto ci sono dei miei ricordi ed è quello che amo di più”

Le copertine sono sempre belle ed accattivanti. Come ad esempio quella di Il romanzo che non c’è…

“La bambina raffigurata in questa copertina è la mia nipotina che oggi ha quindici anni e in questa raffigurazione ne aveva circa otto ed è l’età della protagonista del libro all’inizio della storia che è  la bambina dietro la porta. Quella bambina dietro la porta mi rispecchia, perché mia madre purtroppo soffriva di una forma depressiva. Non siamo di fronte alla storia nella storia, a mia madre non era morto un figlio, ma un fratello: soffriva però di depressione e mi è mancata. La malattia depressiva aliena dai sentimenti e dagli affetti. Più volte dicevo, mamma su quella porta chiusa scriverò un libro. All’epoca scherzavo, poi però l’ho scritto veramente. Nella mia vita la porta chiusa c’è stata, il bambolotto, le lacrime.”

Ci parla di questo romanzo?

“Il romanzo che non c’è” ha come protagonista una donna, che non sono io, ma qualcosa di me si c’è, soprattutto dei miei ricordi. Alcuni dei personaggi li ho conosciuti, altri li ho inventati. Un romanzo introspettivo. È il romanzo del sogno, il sogno che caratterizza la vita. A volte quasi non c’è confine tra sogno e realtà. In questo libro c’è una realtà immaginaria, una realtà vera, c’è uno sconfinamento dell’una nell’altra. Il sogno che aiuta, come rifugio nella vita.”

Un libro decisamente particolare, non meno di “Il cuore al di la del male”

“Il cuore al di là del male è l’unico libro in cui ho inserito delle poesie. Questo romanzo si si ispira liberamente ai terroristi Fioravanti e Mambro. Io Fioravanti me lo ricordo quando ero piccolo, mentre seguivo uno sceneggiato in televisione, lui era uno degli attori. Quando negli anni ’80 avevo letto che il terrorista Fioravanti era un membro della famiglia Benvenuti – i protagonisti dello sceneggiato televisivo – ero rimasta colpita da questa cosa, perché mi ricordavo di questo bimbo piccolo, dolce e tenero. Nel 2009 ero in un albergo di Cesenatico e mentre ero lì ho scritto questo romanzo, ispirata dalla notizia della scarcerazione di Fioravanti.

Non è una ricostruzione storica di fatti terroristici, anche sono narrate cose realmente avvenute. Affronto anche l’argomento relativo alla strage di Bologna, fra le righe si capisce che io non penso assolutamente sia stato lui a commettere l’attentato. Ci sono dei riferimenti palesi, anche se cambio nomi e cambio ambienti. Sono assolutamente convinta di questo, chiunque ha un cuore. Non è un volerlo pensare, ma sono convinta che anche il peggiore degli uomini abbia dei sentimenti. Ho descritto il personaggio come un duro e qualcuno ha pensato potessi essere filo-fascista” (sorride)

Adesso parliamo di amore, un amore allo stato puro. Quello che traspare dalla lettura de “Il profumo delle rose gialle”

“La copertina è di Massimo Mancon, come le altre. È un libro che parla dell’amore di una madre per la figlia e per un uomo. Flora è una persona meravigliosa – non sono io – con una capacità di amore veramente esclusiva e intensa. Capace di amare tutti, perché lei ama il marito, ama la madre, ama la sorella, ama la gente, ama la cameriera, veramente una bella persona Flora. Ha la sfortuna di avere nella sua famiglia un cuore completamente diverso ed è questo il male maggiore che la donna riceve: avere nella sua famiglia chi è tutto il suo contrario. Nonostante questo continua ad amare: anche Flora è convinta che al di là della cattiveria ci sia sempre un cuore. In questo romanzo più che mai.”

Vogliamo spingerci oltre: chi è l’Elisa donna e soprattutto l’Elisa madre..

“Questo bisognerebbe chiederlo alle mie due figlie. Grande amore come tutte le madri per i propri figli”

Che rapporto ha con le sue figlie?

“Ho un rapporto da madre e figlia, caratteri diversi tra loro e me e tra loro stesse. Amore totale in ogni caso”

Riprendiamo a parlare dell’amore dei suoi romanzi? Ci parla di “Una camicia a fiori?”

“Una camicia a fiori è ambientato a Como in un ambiente aristocratico. Io non lo faccio apposta, ma quasi tutti gli ambienti in cui sono ambientati i miei romanzi sono aristocratici. Questo è una società di nobili, con degli pseudo valori specialmente da parte della madre del protagonista, quei finti valori che ancora oggi purtroppo a volte vengono inseguiti. Iris è la madre del protagonista, di Filippo. Il racconto è ispirato ad una storia vera: io questa persona – Filippo – l’ho realmente conosciuta. Era un mio collega e ho ripercorso la sua storia. A volte ci sono persone che nascono vincenti e diventano perdenti: a volte capita l’inverso che si nasce male e si evolve nella vita.

Ci sono casi in cui, per fattori indipendenti dalla propria volontà o per occasioni o per invadenze nella propria vita, persone che potevano essere il numero uno e magari fino ad un certo punto lo sono state, finiscono. Ho scritto anche una poesia su questo. Il protagonista di Una camicia a fiori è la vittima di un amore sbagliato, di una madre invadente che impone i suoi valori di carattere sociale. Iris ha un grande amore per il figlio, ma è un amore totalitario che porta distruzione. Questo romanzo era stato pubblicato in una trilogia, “La vita oltre la scena”, che conteneva Il romanzo che non c’è, Il profumo delle rose gialle e appunto Una camicia a fiori che sarà a breve pubblicato a se stante.”

Ha qualcosa in cantiere?

“Io ho degli inediti. Due anni fa mi trovavo ad Alassio e ricevetti una telefonata da mio fratello che mi raccontò di un suo cognato che aveva scoperto di aver avuto un figlio diversi anni fa, da una ragazza che si era trasferita in America, forse per nascondere quello che all’epoca era considerata un’onta. Questo ragazzo è diventato un grande avvocato di Philadelphia e ha voluto ritrovare il padre. Il racconto di questa storia fu per me ispirazione per la stesura di un altro romanzo.

Il titolo dell’inedito è “Arringa in Italy” per cui ho avuto due proposte editoriali. L’anno successivo sempre ad Alassio ho avuto l’idea di scrivere un altro romanzo che sarà pubblicato e si chiama “Alassio ritorno senza andata”. È una storia d’amore, di dolore e di tristezza e di un dubbio: la verità nella vita è sempre un bene? La non verità può aiutare a vivere in certi casi? Io credo che ci siano verità impeditive, ma dipende da caso a caso. Può darsi che entro l’anno lo pubblichi.”

Non pensa ad un romanzo autobiografico?

“No proprio no. Non è una vita da autobiografia la mia. Mi sono messa un pò nei miei romanzi ma non di più.”

Elisa Barone avvocato Elisa Barone scrittrice: quale preferisce delle due?

“La scrittrice assolutamente. L’attività di scrittrice non pesa, non mi preoccupa. Mentre quella forense mi impegna totalmente. Se potessi farei solo la scrittrice. Io non faccio fatica e scrivere. Il mio scrivere è quasi un’induzione. In dieci o quindici giorni scrivo un romanzo e mi è capitato di voler scrivere per vedere come finisce. Una cosa strana.Ero convinta ci fosse per lo scrittore la necessità della penna, ma non è così. Io che non sono così pratica con il computer, riesco a scrivere benissimo. Non esiste il legame indissolubile penna-scrittore. Non traggo soddisfazione mentre scrivo, ma quello che più mi piace è che quando rileggo quello che ho scritto emerge ai miei stessi occhi la commozione che in qualche modo può aver ispirato la stesura e questo in particolare mi succede per le poesie. Rileggere quanto ho scritto mi dona qualcosa, come se fosse un’analisi introspettiva senza volerlo. La lettura mi riporta alla matrice della scrittura.”

Lei è credente?

“Non credo tanto ad un Dio che va pregato e ti aiuta a vincere, ma un Dio, un bene superiore che ti sta vicino quando perdi. Le istituzioni ecclesiastiche? Sono fatte da uomini, le stesse persone che troviamo nella società li troviamo nel mondo ecclesiastico. Ci sono dei grandi e dei perdenti e sicuramente ci sono cose che difficilmente saranno perdonate”

Elisa Barone coglie, infine, l’occasione per presentarci la raccolta di poesie della sua secondogenita “Fenice”. É la prima pubblicazione di Cristina Ruggiero – aveva pubblicato qualcosa ma in alcune antologie – laureata in lettere moderne e specializzanda in filologia moderna. Nella prefazione della raccolta Marco Delpino – direttore artistico della casa editrice ANPAI Tigulliana scrive

“Questa raccolta poetica di Cristina Ruggiero è una sorta di diario della fenice. La fenice che è l’autrice ma può essere ognuno di noi. Dal fuoco di esperienze ricordi costruisce ogni giorno l’abito e l’essenza di una creatura nuova. Queste resurrezioni di ogni giorno non cancellano la memoria ma danno una nuova prospettiva per continuare il cammino di crescita. Così tra parole e immagini scorre questa raccolta in cui convivono armonicamente diverse tematiche”

Facciamo gli auguri a Cristina Ruggiero e ci congediamo da Elisa Barone ringraziandola per averci presentato una donna forte, eclettica e capace di osare.