una storia senza nome recensione

Recensione in anteprima del film Una storia senza nome. © 01Distribution

Una storia senza nome è il nuovo film di Roberto Andò, presentato fuori concorso alla Biennale di Venezia. La pellicola uscirà nelle sale italiane il 20 settembre ma noi lo abbiamo visto in anteprima e ve lo raccontiamo.

Una storia senza nome, titolo appropriato alle tematiche trattate, è innanzitutto un film sul cinema, “sulle sue capacità di investigare la realtà e di trascenderla”. La forma metacinematografica consente ad Andò di mostrarci questo imprescindibile legame che intercorre fra la fantasia narrativa del set e la realtà; il tono leggero e ironico, di presentarci temi a lui cari, quali il fascino dell’impostura e la possibilità che l’immaginazione sortisca effetti reali stimolando i sentimenti nascosti ad uscire allo scoperto.

Ma Una storia senza nome è anche un film sulla profonda e radicata corruzione di un paese bello come un dipinto di Caravaggio, l’Italia, ma privo di quella luce che ne pervade le tele tagliando l’oscurità. Molto, nel Bel Paese, sembra rimanere buio, all’ombra della mafia e dei suoi reati nascosti.

Se custodire e tramandare la bellezza è la forma più elementare di civiltà, questo grado minimo in Italia è sempre stato a rischio. La nostra storia civile, densa di crimini e oscurità, offre infatti una cronaca mutilata di cui solo un atto fantastico può restituirci il senso. Ecco, il mio film è un atto fantastico.

Queste sono le parole con le quali il regista introduce il suo lungometraggio, ispirato a uno degli episodi più scabrosi degli annali criminali italiani, il leggendario furto della Natività con i Santi lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio, avvenuto nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, nel 1969. Il furto della splendida tela caravaggesca, dal valore inestimabile, sarà al centro di diversi racconti di pentiti, in possesso di informazioni contrastanti e controverse, circa la sua destinazione. La tela, inizialmente rubata da comuni ladri, avrebbe poi arricchito il bottino di Cosa Nostra e, dopo vari passaggi di mano, sarebbe addirittura usata come scendiletto o finita in pasto ai maiali.

La vicenda del quadro scomparso si intreccia con la vita di Valeria, interpretata da Micaela Ramazzotti. Valeria è la goffa e timida segretaria di un produttore cinematografico e vive sullo stesso pianerottolo della sua eccentrica madre, Amalia, che in realtà è Laura Morante. Valeria, da anni, scrive in incognito per un famoso sceneggiatore, Alessandro Pes, interpretato da Alessandro Gassmann, con il quale intrattiene anche una relazione.

Alessandro è un seduttore che passa le sue giornate bivaccando e godendo il trionfo di una immeritata popolarità, in compagnia di donne vistose e frivole. Un giorno, Valeria, riceve in regalo un misterioso soggetto scenografico e lo rivende ad Alessandro, che lo presenta con successo alla produzione. La trama del nuovo film, “Una storia senza nome”, basata sulla storia della Natività, si rivela subito affascinante e pericolosa.

La protagonista sarà coinvolta dal suo informatore, Alberto Rak, un poliziotto in pensione interpretato da Renato Carpentieri, in un’indagine privata ad alto rischio, a contatto con politici collusi con la mafia, doppiogiochisti e latitanti (nei panni di Agata, un latitante trasformatosi chirurgicamente in una donna per rendersi irrintracciabile, è l’androgina Silvia Calderoni). Il meccanismo tortuoso di cui sarà protagonista la cambierà a fondo, portandola faccia a faccia con la sua storia familiare e personale.

Andò mescola il noir, la commedia, il thriller e riesce a coinvolgerci in un gioco in cui non sempre è facile individuare il cattivo. Man mano che Valeria scrive la sua sceneggiatura, guidata dalle nuove scoperte di Rak, gli equilibri cambiano e gli eventi sono in procinto di ribaltarsi. La narrazione raggiunge il suo climax nell’approccio metafilmico che ci immette in una sequenza alterna di piani di realtà e fantasia, ma quello che colpisce maggiormente rimane la dolorosa storia del Caravaggio trafugato.

I titoli di coda si innescano sulla nicchia vuota da cui fu asportato il quadro nonostante vi sia stata posizionata una replica del dipinto, realizzata dal laboratorio di Madrid, Factum Arte, specializzato nella ricostruzione di opere d’arte, nel 2016. La ferita è ancora aperta, il senso è ancora tutto da dare nella realtà di una storia inconclusa ma, parafrasando Carpentieri, i dati relativi al furto non sono sufficienti e di sicuro immaginare delle storie è un modo per accedere ai dati, quantomeno.

Fra gli attori risalta la presenza di Carpentieri, capace di dare vita a un personaggio autentico e dolce; del maestro polacco Jerzy Skolimowski, nei panni del regista straniero che dovrà dirigere il film e del produttore siculo balbuziente Diego Spadafara, interpretato da Gaetano Bruno. Gassmann, nel solito ruolo del donnaiolo cialtrone, ha qualche buon momento. La Ramazzotti è quasi sempre piatta, come i flashback in bianco e nero.

Una fotografia buona e un’elegante colonna sonora completano un film che rimane gradevole nel suo complesso, ma non sempre all’altezza degli intenti. 3/5

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