Muse Milano: l’instancabile band che ha sempre fatto dei live il loro punto forte, arriva in Italia con il Drones World Tour, che prevede sei date sold-out a Milano e noi di Cheeky siamo andati a farci travolgere dall’energia del trio di Teignmouth.

muse milano

Il Mediolanum Forum di Assago comincia a riempirsi quando salgono sul palco i De Staat, un’ottima band che per la prima volta viene in Italia e scalda per bene il pubblico. Qualche minuto dopo le 21 le luci si spengono. Boato degli spettatori che assistono all’entrata di un vero e proprio esercito di cyborg-soldati, con occhi luminosi e fucili futuristici, che circondano il palco circolare, posto al centro del palazzetto, per poi sparire nel sottopalco. E poi inizia, delicata e solenne, Drones (canzone omonima all’ultimo album dove Matthew Bellamy si cimenta a cappella in una sorta di canto lirico, sovraincidendo le parti di tenore, baritono e soprano, e alternando frasi chiave dell’album come “killed by drones” o “are you dead inside?”.

Veri e propri gruppi di droni illuminati scendono dall’alto, mettendosi in formazione e muovendosi circolarmente con grande coordinazione, come farebbero degli UFO in un film di fantascienza. Il pubblico è letteralmente imbambolato, ipnotizzato da questa “danza”, da non accorgersi che Dominic Howard e Chris Wolstenholme hanno già preso posizione insieme al quarto elemento live, Morgan Nicholls. Una chitarra che grida, e Bellamy finalmente compare sul palco e fa scatenare il pubblico iniziando il famoso riff di Psycho, primo singolo dell’ultimo lavoro in studio. Energia da subito palpabile: il power trio è in forma smagliante e fa saltare tutto il Forum, con il palco che ruota a 360°. Con Reapers, a seguire, continuano ad incendiare gli animi dei presenti per poi sferrare un colpo al cuore dei fan più accaniti con Hysteria, immancabile classico dei Muse.

Le atmosfere sono incredibili, qui si va oltre il concerto. I droni vanno e vengono, sorvolano la folla. Utilizzano ogni metro cubo del Mediolanum Forum. Scorrono immagini di guerra futuristica, di soggiogamento della libertà individuale e l’annullamento di qualsiasi forma di umanità: i temi principali di Drones, che ricorrono ormai da metà discografia della band. E’ il momento infatti di Dead Inside, appunto. Il singolo radio-friendly che ha fatto cantare anche chi al concerto ci è andato “per accompagnare un amico”, in cui il tema è metaforizzato dalla relazione finita tra Bellamy e l’attrice Kate Hudson. Map of the problematique è l’ultimo pezzo “forte” prima di un momento di quiete dettato da The 2nd Law: Isolated System. Rimane solo il batterista Dom Howard sul palco, che si cimenta con una sorta di drum machine con cui registra ritmi incalzanti che si sovrappongono ad ogni giro. E’ il momento di un altro caratteristico brano di “Drones”, The Handler, in cui la band si “spalma” su quasi tutta la lunghezza del palco, con dei teli che dall’alto si estendeno fino a terra, e che proiettano i movimenti dei tre legati a fili mossi da mani giganti sopra di loro.

L’intro di Voodoo Child di Jimi Hendrix fa da apertura a Supermassive Black Hole, seguita poi da Starlight, che fa battere le mani (non sempre a tempo) a tutto il palazzetto. Bellamy sparisce di nuovo. Le note iniziali di pianoforte di United States of Eurasia fanno ondeggiare telefoni ed fiamme di accendino, mentre da un’ala del palco si apre una voragine da dove lentamente sale il pianoforte spaziale del frontman che dà dimostrazione (a chi non lo sapesse) di quanto padroneggia anche gli 88 tasti neri e bianchi. Il brano arriva a conclusione, la postazione sparisce di nuovo sotto il palco e Wolstenholme si avvicina a Howard al centro del palco: è il momento di Munich Jam, un’improvvisazione basso-batteria molto coinvolgente che il trio propone ormai da qualche anno nei loro show.

Poi c’è Madness, singolo dell’album precedente “The 2nd Law”. JFK, invece, un estratto da un famoso discorso del presidente degli Stati Uniti Kennedy, è un preludio di Revolt, brano che la band esegue guardandosi, rivolti verso la batteria come fossero delle prove, ma che sul 360° stage fa esaltare comunque i presenti e non dà affatto l’idea che la band ti stia dando le spalle. Seguono poi due grandi classici: Time is running out e Uprising, i quali ritornelli vengono cantati da tutti come fossero grida di battaglia. E poi, di nuovo, un momento di quiete, rappresentato dall’inizio orchestrale di The Globalist. Un brano che però cresce con cori solenni e vede l’entrata di una chitarra graffiante che incalza un riff violento, che dà i brividi, e che fa alzare un vero a proprio aereo-drone (un Reaper) che circonda il palco sorvolando le teste degli spettatori, mentre con giochi di luci e teli sembra che l’apocalisse stia arrivando. Uno dei picchi più alti del live, senza dubbio. La canzone volge al termine. Mentre la band si dissolve nell’oscurità, i droni riscendono sul pubblico delicatamente, si rimettono in formazione, mentre riparte il brano iniziale Drones.

E’ il momento del gran finale: i teli ora circondano il centro del palco, e la proiezione live della sagoma di Bellamy che va lentamente a fuoco fa da coreografia ai saliscendi dei synth di Take a Bow che finisce appunto con la frase “You will burn in hell for you sins”. E poi subito Mercy, altro singolo di “Drones”, altro brano che tutto il pubblico cerca di intonare insieme alla voce del cantante che si muove su range molto alti. E come in ogni concerto dei Muse che si rispetti, è il momento dell’armonica. Una rivisitazione di Man with a Harmonica di Ennio Morricone è ormai il preludio fisso del brano con cui di solito la band chiude i suoi live: Knights of Cydonia. Lancia un messaggio importante a chiudere questo “concept concert”: You and I must fight for our rights/ You and I must fight to survive.

Il tripudio del pubblico segna l’uscita di scena del trio britannico, che saluta regalando alle prime file i loro plettri, bacchette, asciugamani. Un’ovazione di applausi per una band che ha evoluto la dimensione live ad un livello molto alto, che coinvolge non solo le orecchie ma anche gli occhi grazie alle scenografie spettacolari e alle tecnologie modernissime utilizzate.

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Copyright foto: Cheeky / Eddy Dodero

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