Karl Lagerfeld, chi è davvero il direttore artistico della Maison Chanel, che da trentacinque anni ha saputo rinnovare le linee senza mai tradire lo stile. Segni particolari? Ama solo la solitudine e la sua gatta, Choupette.

karl lagerfeld

 

Il personaggio

Si diverte a dipingere la propria immagine come uomo eccentrico e viziato, ma a tratti si inganna o ci illude: la sua maschera di cera si scioglie nell’avvicinarsi alla sfera privata, quella del passato che brucia ancora, dando l’impressione di essere profondamente generoso e umano, leale verso le persone che ha amato e perduto. Il suo studio è collocato al terzo piano della storica sede di Chanel di rue Carbon, stesso luogo da trentacinque anni e stesso personaggio che non si toglie mai gli occhiali scuri in pubblico, l’uniforme di ordinanza studiata nei minimi particolari insieme ai candidi capelli legati e la camicia dal collo altissimo, giacca dal taglio impeccabile, la cravatta con spilla a gioiello e i guanti (in pitone) senza dita.

Il passato e sogni da bambino

Nato ad Amburgo, sin da quando aveva sei anni Lagerfield parlava fluidamente inglese e francese; anche allora amava trascorrere il tempo da solo a disegnare volti e caricature, alla moda non pensava minimamente e sognava di diventare ritrattista. Detestava i suoi coetanei, li trovava stupidi.Si sentiva adulto ed indipendente perché gli affetti erano quel che erano: il padre Otto ricco imprenditore in Germania, perennemente assente e la madre Elizabeth che lo spronava a comportarsi da grande ripetendogli spesso “Tu hai sei anni, ma io no, quindi parlami pure, ma quando parli fai uno sforzo, se no taci”– sono stati carenti durante la sua crescita.

Gli esordi e la collaborazione con Andy Warhol

Nel ’70 inventa il proprio personaggio col desiderio di essere notato, non si divide mai dal suo monocolo e dai gioielli Art Deco, per lui gli accessori sono la chiave del successo e dopo un incontro con Andy Warhol che gli ha dato un piccolo ruolo nel film “l’amour” girando le scene nell’appartamento dello stilista, conosce il suo compagno di vita, Jacques De Bascher, con cui realizza la prima collezione di abiti, una serie di tute bianche, giacche scure e l’accessorio, elemento di per se’ fondamentale e dal quale era ossessionato.

il lusso è la libertà di spirito, l’indipendenza, in breve è il politicamente scorretto

Jacques De Bascher, il suo amore e musa

Protegge assiduamente l’ambito della vita sentimentale, come fosse qualcosa che debba restare ferma immobile in un cantuccio accanto al cuore e lontana dagli occhi e dalle orecchie di tutti. Soprattutto dalle sue, dopo aver perso tragicamente Jacques De Bascher nell’ottantanove per AIDS. I denigratori parigini lo vedevano solo come un rapporto tra un milionario e un gigolò. Nonostante De Bascher avesse parecchi (e parecchie) amanti tornava sempre da Lagerfeld, non solo per interesse, ma perché era ammaliato dal mondo dello stilista diventando, col tempo, il suo più fidato e intimo confidente. Era affascinato dalla raffinatezza dei gusti di Jacques De Bascher, perciò se Lagerfeld doveva prendere un aereo glielo faceva fare al suo posto poiché al suo ritorno gli avrebbe portato libri d’arte, oggetti, accessori e fotografie esclusive: ingredienti essenziali come fonti d’ispirazione per le creazioni dello stilista. Jacques de Bascher non era il mio amante. Non era una cosa di sesso, che io potessi morire ora”

L’amore per l’Italia

Roma è la terza città preferita dallo stilista dopo New York e Parigi ed anche Coco Chanel, che visse in un appartamento in via Giulia, era della stessa opinione; dell’Italia ama il fatto che sia sempre rimasta fedele alle proprie origini, mantenendo la propria identità rispetto alla Francia, compreso il cibo che non consuma troppo ma che apprezza per il sapore e per il fatto che sia low cost; beve solo Diet Coke perché l’alcol e le droghe non l’hanno mai affascinato. Karl Lagerfeld non si atteggia a monumento, lo è. “Sono stato cresciuto come un europeo”

La filosofia di vita secondo Lagerfeld

Non ha mai affrontato l’idea di essere padre, preferisce la figura del padrino ricco, oltretutto pensa che il suo figlio ipotetico, sarebbe un ragazzo viziato e trattato al pari di Choupette, alla quale ha dedicato un conto aperto a coloro che la terranno in custodia dopo la sua morte. La sua gatta è l’unico essere vivente col quale accetta di condividere il proprio cuscino. Per Karl Lagerfeld la solitudine è brutta solo se stai male e non hai niente per cui vivere, altrimenti è un lusso, una filosofia di vita che si adatta e rispecchia alla perfezione la sua figura impenetrabile, invalicabile e chiusa in se stessa. Come dice lui “Io non potrei mai lavorare, soprattutto leggere, se non fossi completamente solo. Detesto la vita di tipo coniugale e ho un solo grande amore, la mia gattina Choupette: è una presenza meravigliosa, morbida, sfuggente, soprattutto silenziosa”.

Karl Lagerfeld