Inaugurazione Biennale Venezia 2016. Ci siamo quasi, il presidente del Consiglio Matteo Renzi riaprirà con cerimonia inaugurale sabato 28 maggio, la Biennale di architettura di Venezia 2016 dal titolo Reporting From the Front.

inaugurazione biennale venezia 2016

La città riscopre il tema politico dell’immigrazione, dell’abbandono, dei senza casa e degli esclusi, grazie anche alla presenza dell’architetto cileno Alejandro Aravena nel ruolo di curatore, che si concentra sulle nuove parole chiave di: Sostenibilità, Durata, Spontaneismo e Autocostruzione.

Venezia la Bella

La Biennale è sempre stata, anche nelle sue rassegne precedenti, un momento di dibattito costruttivo, a volte aggressivo, scioccante, destabilizzante sia per i suoi artefici, sia per i suoi visitatori. La bella Venezia con i suoi ponti, le sue gondole a pelo d’acqua, le sue viuzze e le sue maschere trasuda un’identità inconfondibile. La solidità nonostante la sua instabilità, la mastodontica piazza S. Marco contro l’acqua della laguna, che di anno in anno bagna sempre più metri di quel marmo che ha visto personaggi illustri scivolare da vicolo a vicolo.

I Simboli della Sfida

A volte la bellezza può essere inaspettatamente “industriale”, e ce lo dimostra la Biennale con i suoi due simboli: l’ingresso all’Arsenale realizzato con il materiale di recupero della Biennale 2015 e il Padiglione della Germania intitolato Making Heimat. La Germania ha ottenuto dalla soprintendenza il nulla osta per abbattere alcune pareti del suo padiglione, costruito dall’architetto di Hitler (Albert Speer, 1938).L’abbattimento dei muri in questione, sulla stessa linea della fine del Muro di Berlino nel 1989, vuole dare simbolicamente una spinta alla costruzione di una Europa aperta, senza muri (al Brennero), senza frontiere.

Chi, Cosa, Dove, Quando, Perché

L’impegno della Biennale 2016 è quello di presentare soluzioni per gli esclusi della consumer-society, e a tale scopo le committenze previste degli 88 architetti provenienti da 37 Paesi verranno esposte, grazie al coinvolgimento di Aravenna, nei padiglioni di 65 Nazioni. Tra i grandi assenti segnaliamo l’ultimo curatore, “il guru” Rem Koolhaas (impegnato nell’apertura del suo rifacimento del Fondaco dei tedeschi di Venezia, trasformato in shopping mall), David Chipperfield, vincitore nel 2011 del European Union Prize for Contemporary Architecture (Mies van der Rohe Award), il nostro Renzo Piano ed altri maestri. Questa Biennale (i visitatori sono passati dai 70 mila della Biennale architettura del 2000 a 230 mila) vuole rilanciare l’idea di architettura come lavoro e sforzo collettivo così Renzo Piano presenta il suo progetto G124 di architettura partecipata: sul tavolo del senatore c’è una soluzione per «ricucire» la periferia milanese del Giambellino.

Noti e meno Noti.

La Biennale vuole puntare anche il riflettore su opere di architetti meno noti come Solano Benítez, Anupama Kundoo, Giuseppina Grasso Cannizzo, Eyal Weizman, Giancarlo Mazzanti, Renato Rizzi, Toni Girones, Hugon Kowalski e il gruppo LAN, uno studio francese, ma con l’italiano Umberto Napolitano, che si è assicurato il restauro del Grand Palais battendo la squadra di casa.

Padiglioni

Il Padiglione U.S.A presenta dodici progetti per l’industriale e ormai quasi alla deriva città di Detroit, diventata un’inquietante insieme di rovine industriali, tra le quali i complessi di Albert Khan (in cui è stata girata una parte del nerdissimo Batman v Superman). Qui, dove ha sede Fiat Chrysler, il presidente Barack Obama vorrebbe trasferire parte dei rifugiati che stanno arrivando negli Usa, ma il governo locale resiste imberbe. Proprio qui, in questo luogo di dibattito Greg Lynn propone, al posto delle rovine, un’università, l’Amazon center e un centro robotico dalle forme digital-organiche. In Inghilterra, invece, dove il neosindaco di Londra, Sadiq Khan ha dichiarato guerra al caro affitti, si sperimentano dei mini-alloggi in cui si dorme a fianco dei fornelli elettrici.

Un Cambio di Rotta

Appena si varca la soglia della Biennale si vede un cambiamento: c’è poco ferro e vetro, un mix di freddezza e recupero dei materiali locali, senza un prospetto pornografico (vedi la Biennale di qualche anno fa). Questa è una mostra anche sui procedimenti del progetto, dove disegnare una pianta e un prospetto: «Vorrei che questa Biennale cambiasse l’approccio dei progettisti e dei decision maker — ha dichiarato Aravena — spingendoli a considerare delle alternative alle convenzioni. Non si può rispondere a nuove domande su scala globale con vecchie risposte. Bisogna superare la mediocrità del mercato e includere la gente nel processo decisionale».

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