Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passegere, tutto ciò che bisogna sapere sull’opera di Giacomo Leopardi, che rappresenta il pessimismo e l’ironia in uno spaccato della vita quotidiana.

Dialogo di un venditore di almanacchi

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Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passegere è l’incontro casuale tra due personaggi che rappresentano due concezioni di vita diametralmente opposte. Un dialogo immaginario che fa emergere in maniera preponderante il pensiero cardine della teoria leopardiana. Una visione ottimistica che cede il passo ad una visione realistica e pessimistica dell’animo umano, legato alle illusioni e alle aspettative di un futuro migliore e all’inadeguatezza continua  ad un presente privo di totale soddisfazione.

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Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere: riassunto

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere è uno scritto di uno dei più grandi autori dell’Ottocento, Giacomo Leopardi, e fa parte delle Operette Morali, una raccolta di 24 prose sotto forma di dialoghi, parabole e brevi racconti, pubblicata definitivamente nel 1845. Il Leopardi in questo scritto, narra di un incontro tra un venditore di calendari (all’epoca i calendari venivano venduti per strada) e un passante. Quest’ultimo chiede al venditore se pensa che l’anno che sta arrivando possa essere felice e il venditore risponde che sicuramente lo sarà. Il passante incalza con le domande, chiedendogli se gli piacerebbe che l’anno a venire potesse essere uguale a un anno del passato vissuto o rivivere la vita passata, a patto di ripercorrere i momenti di tristezza e di felicità e il venditore gli dice di no, che preferisce vivere la vita così come gliela manda Dio, senza alcun patto.

Il passante risponde che così vorrebbero tutti, proprio perché la vita ha portato ad ogni persona sofferenze ed è questo il motivo per cui nessuno vorrebbe nascere nuovamente e tornare indietro nel tempo rivivendo gli anni passati. Il bello della vita, aggiunge il passante, non è in quello che è stato, ma in quello che sarà e che l’anno nuovo finalmente regalerà serenità a tutti chiedendo conferma al venditore che risponde con uno speranzoso “speriamo”: così il passante acquista il calendario più bello e più costoso ( lo paga trenta soldi ) e si congeda dal venditore che prosegue così il suo lavoro.

Analisi del testo

L’ambientazione realistica che caratterizza “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” nasconde in realtà un potente simbolismo, che fa emergere le illusioni da cui l’esistenza umana è gestita. Da questa conversazione, che sembra apparentemente banale, affiora uno dei temi leopardiani più forti che si ritrova nell’affermazione che esclude la felicità dell’uomo dalla legge naturale. La felicità è naturalmente preclusa all’uomo, per cui la positività va ricercata nelle illusioni rivolte al passato e nelle aspettative per il futuro. La felicità non è realizzabile: l’uomo ama ricordare il passato, ma non vorrebbe che si ripetesse e questo sta a simboleggiare  la negatività della vita e dell’inevitabile dolore che essa comporta.

Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi? Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.

La prima parte dello scritto richiama il modello platonico, in base al quale attraverso le domande si esprimono tesi filosofiche. Il passante, infatti, attraverso i suoi quesiti incalzanti, accompagna il lettore verso la propria tesi, che introdurrà nella parte finale dello scritto. (Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e 1 toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura).

La prima domanda è relativa all’aspettativa di felicità per l’anno a venire, domanda alla quale il venditore non può rispondere negativamente sia per educazione e anche perchè ne andrebbe dei suoi affari*

*(Passeggere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo? Venditore. Oh illustrissimo si, certo.)

A questa seguono domande ben mirate**che permettono al passante di concludere ironicamente (affermando che l’anno nuovo sarà migliore), mettendo il venditore di fronte ad una realtà che ignorava e chiudere con l’acquisto del calendario più bello e costoso***

**(Passeggere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo? Venditore. Io? non saprei. Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice? Venditore. No in verità, illustrissimo. Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero? Venditore. Cotesto si sa. Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste? Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse. Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati? Venditore. Cotesto non vorrei. Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro? Venditore. Lo credo cotesto. Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo? Venditore. Signor no davvero, non tornerei. Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque? )

*** (Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice.Non è vero? Venditore. Speriamo. Passeggere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete. Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi. Passeggere. Ecco trenta soldi. Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi. ..)

Il fulcro di questa operetta è racchiuso in una frase citata dal Leopardi nello Zibaldone “… nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti.”  La felicità può solo essere cercata nell’attesa di quello che non si conosce e che non si è vissuto, in quella stessa attesa in cui l’uomo geneticamente è portato a sperare. Il Dialogo è strettamente correlato al pessimismo storico leopardiano: l’uomo ha necessità di crearsi illusioni per sperare in un futuro migliore, illusioni che però non hanno né speranza, né valore.

Linguaggio e stile

Il testo dell’opera è scritto con un linguaggio semplice e chiaro, adottato appositamente dal poeta, in maniera tale che il suo messaggio potesse essere compreso da un ampio pubblico, elemento che non impedisce, però all’operetta di avere uno stile incisivo e ironico. Leopardi, in questo caso, si fa fautore del recupero dell’italiano, ad ogni livello, compreso quello dialettale, ottenendo così un linguaggio antico, ma comprensibile e semplificato. L’operetta ha lo stile del dialogo, la sintassi del testo risulta breve e scorrevole, con un registro medio-basso (modo di scrivere, cercando di utilizzare termini comuni e facilmente comprensibili).

La sua struttura è caratterizzata da un andamento veloce, fatto di domande e di risposte attraverso il quale il poeta riesce a trattare argomenti fondamentali del suo pensiero. Le tecniche prevalenti, usate da Leopardi in questo scritto sono il paradosso e la prosopopea. Il paradosso è una tecnica che si accompagna all’ironia leopardiana; si ritrova infatti la volontà di trasmettere messaggi filosofici cari allo scrittore, facendo sorridere il lettore. Il  tono ironico e sarcastico si riscontra, per esempio, in diverse battute tra il passante e il venditore; rilevante in questo senso il momento in cui il passante afferma che la vita è una cosa bella, quando il venditore gli confida che in nessuno dei suoi anni trascorsi è stato davvero felice; oppure quando alla fine dello scritto il passante sostiene che l’anno che verrà sarà felice sicuramente, affermazione nella quale non crede affatto. Anche in questo caso Leopardi non ha voluto comparire e ha creato dei personaggi ricchi di simbolismo, portavoce del suo pensiero, adottando così la tecnica della prosopopea, presente nella maggior parte delle sue opere.

L’andamento circolare

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere presenta una struttura ad andamento circolare. Il ritmo incalzante, rapido, non lascia spazio a pause e riflessioni; è un domandare e rispondere immediato, spesso seguito da nuove pressanti domande. L’alternarsi di domande e di risposte, conferisce  al Dialogo un ritmo circolare e veloce: la ciclicità, nella fattispecie è data dalla battuta iniziale e da quella finale uguali tra loro.

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

L’andamento circolare vuole indicare lo scorrere del tempo riferendosi all’anno che inizia e poi finisce, per ricominciare ancora;  in senso più ampio potrebbe rimandare alla ciclicità dell’esistenza umana e al veloce scorrere della vita.

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere: ambientazione

Il Dialogo è ambientato per strada, rappresentando così uno spaccato di vita quotidiana, in una città di cui Leopardi non precisa il nome.  Chi tenta di dare un’ambientazione ben definita al Dialogo, è  Ermanno Olmi che nel 1954, gira una versione cinematografica dello scritto. Il regista bergamasco inventa un’ambientazione, seguendo la passeggiata del passante che, il giorno della vigilia di Natale, si reca dalla campagna nella festosa Milano, dove gli abitanti sono impegnati negli acquisti per la festa ormai imminente. L’incontro con il venditore di almanacchi avviene nella Galleria e qui si svolge la celebre conversazione.

La recitazione viene accompagnata sapientemente dalla espressività degli attori: guardando infatti il lungometraggio, si può notare come l’espressione leggiadra e positiva che inizialmente il venditore ha soccomba gradualmente sotto la sfilza di domande del passante. Emerge con altrettanta potenza l’ironia sul volto di quest’ultimo, in maniera particolare alla fine del film, quando espone il pensiero leopardiano nella sua interezza. Olmi rimane totalmente fedele al testo, aggiungendo un breve prologo dato da divergenze senza parole, tra suonatori di zampogna e di organetto che si contendono il territorio.

Analisi dei personaggi

L’obiettivo del dialogo tra i due personaggi protagonisti dell’operetta è la polemica contro coloro che sono convinti che il domani sarà sempre migliore del passato e del presente, rimettendo la loro fiducia in un progresso evolutivo che in realtà non esiste. A rappresentare la concezione ottimistica è il venditore di almanacchi, uomo comune che vive alla giornata e vuole vendere la sua merce. Ottimista anche per convenienza, in quanto la sua visione positiva favorisce sicuramente la sua attività. Il passante  nel quale si intravede una persona come il Leopardi se non il Leopardi stesso, é una figura abituata a riflettere sulla vita e sul destino che ha in serbo per l’individuo e rappresenta la concezione pessimistica, cara al Leopardi, che evidenzia come l’uomo nella vita non sia esente dal crearsi illusioni e confidare in esse.

Non si conosce il nome dei due personaggi, ma entrambi costituiscono le fondamenta del messaggio che il Leopardi vuole far passare attraverso questa operetta: il venditore, si ricollega alla continuità del tempo, in quanto mercante  di calendari, strumento indicato per  misurare il tempo stesso, il passante, simboleggia il trascorrere del tempo, con il suo passaggio. Le contraddizioni che emergono nelle parole del venditore, riguardo il suo rifiuto di rivivere la vita passata, sottolineano ulteriormente il pensiero del Leopardi in merito alla felicità, che per il poeta rappresenta una chimera, una continua e crudele illusione, che l’uomo non può fare a meno di collegare all’immagine della vita futura. Nessuno, potrà quindi, mai sentirsi del tutto soddisfatto dalla propria vita presente, dal momento che è impossibile eliminare la speranza che il domani sia migliore dell’oggi. 

[Leggi anche l’analisi del testo de: La pioggia nel pineto]